La vita e le opere ai tempi del COVID-19
Si sta come sugli alberi le foglie. E non solo d’autunno.
Il Covid-19 cambia lo sguardo alle cose
Siamo in attesa delle prossime informazioni sull’epidemia, sul corpo degli umani invaso e utilizzato da un virus per la propria diffusione e sopravvivenza.
Bollettini quotidiani dei contagi e dei morti, telegiornali, oracoli scientifici discordanti e confondenti. La chiamano infodemia. Essa sommerge di informazioni, spesso in contrasto, le persone. Colora e esalta la pandemia. Si accompagna alla burocrazie regionali e nazionali incapaci di programmazione e di trasparenza (vedasi vicenda del Piano Pandemico Nazionale, segretazione o occultazione ministeriale compresa) e … al ricorso a San Rocco protettore dalle epidemie.
La realtà incombente è fatta di timori, di distanziamenti, di mascherine, di amici che se ne sono andati, di morti in solitudine, di bare in attesa di cremazione e sepoltura. Si dice che fosse così anche con la Spagnola (1918-1920). La novità di oggi è la tecnologia digitale delle informazioni e della connettività (Test-Track-Treat) che permette esami e tracciamenti per strategie efficaci di contenimento dei contagi, ma purtroppo è spesso ignorata dagli operatori coinvolti o considerata un adempimento burocratico.
Resta l’angoscia e la consapevolezza delle nostre grandi fragilità e debolezze che subentra e ammutolisce la speranza che sorge, nonostante tutto, con la luce di ogni mattino.
Il Covid-19 cambia lo sguardo alle cose perché mutano le priorità sociali e le nostre priorità. Mai come in questi tempi le opere di cui occuparci sono i servizi. L’arte, se non è arte per la sopravvivenza, passa in secondo ordine. Per sopravvivere serve però un’arte per vivere che può nascere solo dal senso della cura. Un’arte dell’essenziale fatta principalmente, da un lato, di SERVIZI efficaci e, dall’altro, di ricerca, di ascolto e di LETTERATURA.
Cose che contano e che emergono in tempi di lockdown (FASE 1: PRIMAVERA 2020)
Il Decamerone dice tutto a proposito del ruolo del tempo per per ascoltare e della letteratura.
La salute, l’istruzione, i mutamenti climatici dipendono dalla natura delle cose e dalle politiche, dalle regole interpretate con intelligenza e attenzione agli obiettivi.
In TEMPI di gestione di evidenti RISCHI e di MASCHERE, il primo rischio è l’ipocrisia e il ritiro nel proprio giardino. Mentre è evidente che lo sforzo maggiore va diretto all’effettivo efficace funzionamento dei SERVIZI PUBBLICI per i quali serve l’arte della cura e operatori preparati e capaci, oltre che volenterosi.
Un esempio illuminante del modo di funzionare dei servizi sono il ricorso o meno a percorsi di cura digitalizzati. Il percorso di cura è il prodotto-servizio tipico della sanità. Esso si basa sul metodo clinico fisiopatologico che, applicato criticamente in assenza di algoritmi diagnostici e terapeutici consolidati, è fondamentale per il contrasto e il trattamento di malattie poco conosciute come il covid-19.
Un servizio che, come tutti i servizi, è relazione tra persone con un obiettivo: la salute e il contenimento degli effetti delle malattie. Insieme di relazioni organizzate tra professionisti e utenti e, in primo luogo, tra le istituzioni e gli operatori stessi. Da qui nascono i problemi del Servizio Sanitario Nazionale e del cosiddetto territorio. Termine vago che va sostituito con MMG o medici, Ospedali, Regioni e Comuni e governatori vari delle “civitas”. Le difficoltà sono la cartina di tornasole dell’adeguatezza o meno dei responsabili istituzionali, dei parassiti e degli “infognati”, attori inadeguati per ruolo e preparazione, che si sono presi cura non dell’organizzazione dei servizi ma solo del mantenimento dei loro piccoli poteri.
Lettura del momento: T. Morton, Iperoggetti
Non finisce mai. La FASE 2, AUTUNNO 2020, e la FASE 2021
E’ arrivato l’autunno e siamo ripiombati nel caos e nella paura, in un clima di scetticismo. Disorientati.
La velocità dell’informazione strettamente legata alla politica di chi prima annuncia, e non di chi verifica la bontà della notizia, complica e amplifica la velocità del contagio della diffidenza. In attesa del vaccino, sembra vanificarsi la fatica di medici, operatori e familiari di stare vicino al malato. Accettano le tante incertezze sulle vecchie e nuove cure (cortisone, antibiotici, eparina, idrossiclorochina, Remdesivir, plasma iperimmune, e così via), mentre troppi mettono i dubbio le misure di distanziamento per il contenimento del contagio.
La fiducia civica è messa a dura prova nei fondamentali comportamenti quotidiani di relazioni sociale: la pulizia delle mani, la mascherina, l’isolamento fiduciario, la distanza sociale.
La FIDUCIA e il SENSO CIVICO alla prova del CONTAGIO
Lo storico Noah Harari ha chiarito che esistono due modelli contrapposti di gestione delle epidemie. Il primo è il controllo centralizzato con severe sanzioni delle trasgressioni il cui paradigma è la Cina con relative telecamere a riconoscimento facciale e della temperatura, droni per fermare chi non rispetta il confinamento, obblighi di denuncia delle proprie e altrui condizioni di salute. Il secondo si affida alla responsabilità e al senso civico delle persone.
I due metodi all’estremo e applicati separatamente non funzionano, ma soprattutto tanto è minore la fiducia civica tanto maggiore diventa la necessità di limitazioni e sanzioni pubbliche la cui efficacia senza la fattiva condivisione dei comportamenti richiesti da parte della maggioranza delle persone è dubbia e oggetto di forme di disobbedienza esplicita e di sospetti paranoici.
Il motivo è che la fiducia nelle autorità pubbliche, nella scienza, nei media e, in generale, nel prossimo vicino e lontano, in un contesto di mondializzazione, è un fattore critico fondamentale per affrontare e risolvere i problemi collettivi. E le epidemie sono un problema collettivo a vari livelli: sanitario, economico e informativo. Ma non sono una guerra, perchè contro la natura non si va alla guerra, perchè la natura non ci ha dichiarato GUERRA, ma ci avvisa. A qualcuno però. infettivologo o meno, fa comodo o serve per i suoi scopi, come è sempre successo, dichiarare guerre.
I virus sono esseri molto semplici né buoni né cattivi con un solo scopo nella vita: moltiplicarsi continuamente, riprodursi il più velocemente possibile avvalendosi di cellule di altri esseri. Essi hanno accompagnato l’evoluzione dei viventi e anche nostra.
L’epidemia NON È UNA GUERRA, ma può dare paranoia
Questo atteggiamento mentale e comportamentale di guerra genera reazioni irrazionali contrastanti a favore o contro regole da condividere. Condiziona ed è divenuto cruciale e critico soprattutto grazie ai media vecchi e nuovi dove untori opportunistici gridano all’incendio che altri dovrebbero spegnere. L’emergenza da malattia trattata come la guerra tra gli uomini non fa riconoscere la realtà delle malattie espressione non secondaria di umanità, dell’evoluzione, della vita, cioè che l’uomo è mortale oltre che ricercatore di conoscenze e di verità. Nasconde i profitti dei politicanti alla ricerca di visibilità e dei ciarlatani diffusori di facile contagio da cialtroneria ai tanti, troppi scansafatiche da ragionamento e confronto democratico.
Purtroppo la lotteria del contagio Sars-coV-2 tiene conto di chi ci scommette ma comunque colpisce “sia i buoni che i cattivi” a volte in modo sintomatico a volte in modo asintomatico. Ad essa si aggiungono la “paraculaggine” della burocrazia, la programmazione e la riorganizzazione dei servizi non fatte in tempo utile e l’irresponsabilità impunita di tanta gente che istilla sospetti o pensa solo a se stessa come se fosse possibile venir fuori dalla melma da soli. Come se morire di covid o soffrirne in solitudine siano cose che riguardano gli altri.
Oltre la solitudine, la diffidenza e la paura di ammalarsi e di morire
Ci manca un pensiero gentile, a volte mi sembra sia venuto meno un modo umano, non da immortali, di affrontare le malattie e il contagio.
“CI MANCA UN PÒ D’ARIA BUONA!”
“Forse ci manca la forza di cogliere ogni giorno la bellezza del giorno”
E non è vero che la mia salute viene prima di tutto anche della vita stessa, vita che non può che essere sociale. Perché ci può essere una vita in buona salute che non è vita ma uno schiaffo in faccia a chi è ammalato e ha bisogno di una mano o una devastante situazione in cui anche la verità dei fatti è negata.
Vaccinarsi o non vaccinarsi? Qualcuno nel caos delle informazioni ci sguazza
È arrivata la stagione dei vaccini e delle vaccinazioni e del post-epidemia. Stagione di transizione? Sembrano comunque certe tre cose:
- che i vaccini sono strumenti fondamentali per non avere forme gravi della malattia;
- che dovremo convivere con virus e vaccini per i tempi a venire;
- che la sovrabbondanza di informazioni (eco chamber) su temi complessi (vedi vaccinazione anti-covid, ma anche cambiamento climatico) dà spazio alla demagogia e a chi parla a vanvera.
Ci sono alberi che nascono e che crescono nelle fessure del cemento. C’è sempre quindi qualche possibilità di guardare avanti.
La lotta contro gli ambienti ostili della natura, madre e matrigna, contro le malattie, contro la miseria ci ha fatto perdere la consapevolezza del rapporto tra cultura e natura, ma soprattutto ha sviluppato in noi due cecità: il convincimento che la Natura non agisca indipendentemente e l’opinione che la cultura o la tecnica possa tutto.
Siamo presi tra grandi fenomeni e piccoli virus. Vedi crisi climatica, problema infinitamente, troppo grande per ciascuno singolarmente preso. Ma vedi anche il sistema immunitario di fronte alle piccole presenze che ci abitano. Tutte cose che ci dovrebbero insegnare qualcosa, ci dovrebbero far pensare, far rispettare l’anima della terra e lo spirito di ricerca dell’uomo e della scienza.
2022. Il Covid non è più 19, le VARIANTI diventano la nuova condizione e il contesto delle malattie trasmissibili, delle informazioni e della comunicazione della visione del mondo

Appunti di un viaggio, che non finisce mai, nell’epidemia da Covid.
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