infoGRANAIO

Raccolta di oggetti con arte della cura, immagini di modi di pensare generative di sguardi per semine di progetti

S O M M A R I O

PARTE 1      CURARE  (cos’è arte?)

1 . ARTE è fare COSE con CURA

2. Le INFORMAZIONI e le COSE

3. Un GRANAIO di storie

4. Cose da SMANTELLARE

5. La bellezza e l’ARTE tra cultura, passione e progetto

PARTE 2       DOCUMENTARE  (interpretare)

6. Classificazione degli OGGETTI CULTURALI 

7. Il web e il CODICE SOFTWARE delle cose

8. Pensare in DIGITALE con SENTIMENTO

9. Un METODO di osservazione e di interpretazione degli OGGETTI

10 Immagini e FOTO digitali

EPILOGO       PROGETTARE  (immaginare)

11. A che cosa e a chi serve l’infoGRANAIO

12. ARTE con CURA: metodo di vedere e fare le cose

MODALITÀ d’USO – GLOSSARIO – BIBLIOGRAFIA – SCHEDA CATALOGO delle COSE

PARTE  1      CURARE  (cos’è arte?) 

  1. ARTE è fare COSE con CURA (sono in maiuscolo le parole chiave)

1.1 Il senso del FARE è nell’ARTE e viceversa

Le COSE, non quelle naturali ma quelle artificiali prodotte da noi, sono OPERE frutto e seme dell’ARTE che viene fuori dal FARE.

ARTE e CURA stanno insieme nella VITA e nelle COSE che la comunicano. C’è arte in ciascun oggetto materiale o astratto espressione di un’idea e di cura nel fare con la stella polare dell’EFFICACIA. Nelle azioni c’è arte della cura in quanto relazione tra CULTURA e NATURA da cui nascono frutti. Un modo non solo per sopravvivere, ma di scoprire e parlare al mondo con meraviglia cercando qualcosa che appare essenziale.

L’ARTE della CURA non è cura con l’arte, ma pensiero e lavoro fatto bene non automatico, risultato che non muore nel denaro e nell’oggettistica. Arte che funziona, che – a seconda della visione e sensibilità estetica – diventa tecnica, poesia, medium, un fare immagine. C’è molta arte in giro non già considerata tale neppure dai surrealisti: arte primaria, primitiva, povera, ambientale, arti concettuali, performative, dell’ascolto e del mestiere del vivere o di essere sé stessi. 

Un primo piatto, una vite da legno autofilettante, un canto, un paesaggio, un percorso sono oggetti culturali raccolti nell’infoGRANAIO e proposti quali casi del fare immagini con più o meno arte. Si tratta di nomi e simboli, di cose fatte così così e copie di copie. Esempi di beni e di servizi modesti con un pensiero,  per lo più di autore ignoto, a dimostrazione del legame esistente nelle cose tra cura e arte degli obiettivi.

1.2 Non c’è ARTE senza cura e non c’è CURA senza arte

La cura non è qui intesa come agire premuroso con postura di attenzione all’altro o impegno e pratica etica, ma come efficacia in sé espressa direttamente con le opere. Una cura reificata, concepita come “ aretè” e “agentività (agency o capacità di azione) degli oggetti e che è espresssione di apprendimenti.

Un’azione esprime CURA con l’EVIDENZA del RISULTATO ottenuto o meno, ma perseguito operativamente nella sua essenzialità. La qualità e la bellezza delle cose è infatti frutto dell’immaginazione di obiettivi a cui seguono esperienze di cura efficace. Da qui la constatazione e la consapevolezza sia che il fare vale per gli effetti insieme operativi e musicali o estetici sia che nelle opere non c’è cura senza arte né arte se c’è stata INCURIA del risultato, se non c’è stata comunicazione di un pensiero.

Arte della cura delle opere non coincide con il prendersi cura e l’avere cura di sé, degli altri e del mondo (vedi Luigina MORTARI), ma è una possibile premessa e complemento di una cura da intendersi sia come curare che essere curati.

La CURA presente nelle azioni e nelle opere è figlia del SAPER FARE e del SAPER ESSERE, della precauzione di NON NUOCERE. Probabilmente ha anche a che fare con l’empatia e i neuroni a specchio, con la convivenza e il lasciarsi emozionare, con la valutazione e con il design. Curare comunque non si esaurisce in un accudire o nell’assistere. Infatti se la cura non è metodo che funziona, se non è attenzione agli effetti, alle evidenze dei risultati (anche nel caso delle cure palliative o della cura di sé) equivale a buoni propositi inutili, senza seguito e concretezza.

1.3 Il FINE delle opere e la CULTURA in cui sbocciano

I vari oggetti realizzati dagli umani sono forme di cultura, di lingue e di linguaggi, strumenti che esprimono funzioni, concetti e senso estetico. Essi nascono da pensieri contingenti che legano l’idea di causa a quella di fine o funzione o effetto, visioni che si affinano progressivamente per determinare esiti più o meno fantasiosi e pertinenti al problema da cui sono partiti.

L’efficacia di un bene e di un servizio o di un’istituzione non coincide né con la performance né con la produttività o tantomeno con la remuneratività, ma consiste nella qualità o arte della risposta ad un bisogno che non è mai isolabile dall’insieme dei valori umani del vivere. Una domanda di senso che diventa un fine e un OBIETTIVO a cui segue un PROGETTO/OGGETTO. Per esempio, alla base delle cure delle malattie secondo la Evidence Base Medicine ci sono lungimiranza e appropriatezza d’intervento.

Ogni opera insegue l’efficacia rispetto all’AMBIENTE e alla CULTURA in cui è stata concepita e realizzata, sedimentando un’esperienza per ogni presente. 

1.4 L’EFFICIENZA è inutile, se non politicamente pericolosa, senza un’EFFICACIA giusta

Qual è l’OBIETTIVO strategico, il senso dell’esistere di noi stessi e quindi delle cose, cioè di quale efficacia parliamo?

L’efficienza nella produzione e distribuzione di un oggetto, ad esempio di un farmaco, è interesse principale del produttore e dell’intermediario, ma soprattutto un possibile antefatto operativo dell’efficacia dell’oggetto stesso: la salute perseguita e ottenuta con il farmaco che ne giustifica l’esistenza.

La simulazione dell’efficacia o degli effetti delle azioni con valutazione ex ante degli esiti sia prima che durante la loro progettazione e realizzazione è possibile ed è facilitata dalle potenzialità predittive dell’intelligenza artificiale. Un mezzo che implica maggiori responsabilità di ognuno rispetto agli obiettivi di fatto perseguiti con quello che facciamo. L’efficacia è politica, è in rapporto al fine ultimo, alla giustizia e alla libertà, all’interesse collettivo o bene comune, a possibili forme di liberazione. Essa va oltre l’oggetto, la prestazione, i profitti e la razionalità tecnica di un’azione.

L’efficacia del fare con arte si manifesta nel libero-giusto-bello che informa, che cioè dà forma e IMMAGINE complessivamente e nei dettagli alle opere. Un dono? L’essenza nell’inutilità dell’agitarsi umano? 

Un oggetto è un progetto fatto di un insieme di speranze, scopi, mezzi o risorse, azioni, abilità, limiti, storie, di INFORMAZIONI, di conoscenze e non-conoscenze. Il suo senso – che viene insieme dalla mente e dalla mano che l’hanno prodotto e che lo usano – è nel MESSAGGIO gratuito che trasmette e anima chi lo riceve.

La rappresentazione simbolica e lo sguardo al fine delle azioni porta alla confluenza tra ontologia, epistemologia, estetica ed etica delle stesse. Questo senza rimuovere o diminuire le incertezze e le problematiche riguardanti l’oscurità e le soggettività sia del fine di un’opera sia della priorità rispetto ad altre opere sia della misurazione e valutazione degli esiti e della sua arte.

1.5 Valore d’USO e valore di SCAMBIO delle opere

Gli oggetti umani raccontano esperienze, intuizioni. Sono segni, esprimono tecnologie, concetti e relazioni sociali, icone, magari a volte sono totem, feticci o solo merce in vendita. Ciascuno di essi ha in sé un pensiero e un’operatività che lo rendono storicamente reale.

Nelle opere non c’è bellezza senza uso e da questo dipende il loro valore. Anche gli OGGETTI cosiddetti d’ARTE, visioni dirette del mondo con suoni, immagini, profumi, sapori, emergono con il loro uso e non solo quello museale.

La discriminazione delle opere da parte del mercato è data da profitti e rendite generati dal loro consumo. La loro rappresentatività economica e quindi sociale divide le cose tra costose, originali e con arte certificata, e quelle a buon prezzo, con arte disconosciuta o in copia.

Gli oggetti però sono, oltre che strumenti, prima di tutto immagini, pensieri, IDEE. E le idee non hanno in sé né copyright né prezzo. Ciascuna opera è nella sua essenzialità unica e duplicabile, copiabile riconoscendo e citando l’originale. Nonostante la proprietà ne possa fare un oggetto di resa speculativa, cioè un furto (come già qualcuno ha detto), essa può essere rifatta in tutto o in parte, diventare fonte di ispirazioni e di personalizzazioni. 

1.6 Lo sguardo GRATUITO alle cose e l’elogio del COPIARE e PERSONALIZZARE con cura

Gli oggetti aiutano a comprendere la realtà e l’evoluzione culturale, ad aprire, come affermavano in modo diverso Montaigne e Munari, lo sguardo alla ricerca, al progettare, al gioco, alle emozioni e al senso del vivere.

Le opere sono tecnicamente sempre meglio riproducibili, sono fonti per rielaborazioni e nuove creazioni il cui senso dipende a loro volta da come sono usate. Il digitale le rappresenta e le traccia. Le progettazioni delle basi dati e le valutazioni delle politiche, ad esempio, hanno un disegno concettuale, logico e fisico applicativo comune che è all’origine delle relazioni sociali perseguibili e perseguite con esse.

Qualsiasi opera – sia questa una caffettiera o la canzone Bella ciao – esce dal dominio del suo autore e non si differenzia se è un’opera firmata o di artista sconosciuto.

Prendere da opere di altri o dalla natura è copiare e citare, partecipare alla costruzione degli anelli di catene del saper fare. Nel tempo della gestione digitale di beni e servizi, della facile riproducibilità delle opere con autentiche copie dell’idea realizzata e/o con versioni innovative, l’atto artistico di autori e fruitori è nello sguardo gratuito che personalizza un’opera, che la rende usufruibile al mondo e bella “a mamma sua”.

  1. Le INFORMAZIONI e le COSE

2.1 Opportunità e rischi delle informazioni in forma DIGITALE

Ci sono due tipi di INFORMAZIONI: quelle segnaletiche, in senso ampio e comprensivo anche di quelle genetiche e pre-genetiche, che relazionano materia con materia e quelle semantiche, parole rappresentative o simboliche, messaggi che noi attribuiamo alle cose in base ad una grammatica e ad una sintassi relazionali.

Gli oggetti tutti esistono dando luogo a interconnessioni varie e a informazioni da percezioni multisensoriali spazio/tempo dovute a relazioni umane all’origine dei NOMI. Pensieri e comunicazioni determinano il linguaggio delle cose, il loro essere CULTURA ovvero il modo delle persone di sentire, di conoscere, di pensare, di agire o di essere agite.

Le informazioni nelle e delle cose emergono per tentativi e errori e si combinano in azioni che sono anche discorsi sul divenire e l’essere fuori e dentro di noi.

Le esperienze personali o condivise sono informazioni attendibili o taroccate la cui presenza ha assunto una pervasiva forma DIGITALE, ovvero in codice binario. Queste permettono memorizzazioni, interoperatività, accessibilità accresciuta e ausilio alla gestione delle combinazioni e delle complessità. Il digitale omogeinizza il linguaggio degli oggetti, aiuta a leggerli, a selezionarli, a usarli da diversi punti di vista, anche virtuali. Serve oltre che al capitalismo della sorveglianza anche per la ricerca e la cura delle cose in sé, per l’arte dell’invisibile e della PAROLA.

Il nuovo contesto mediatico e algoritmico, l’universo digitale di comunicazione e interazione in cui siamo immersi, accentua le svariate espressioni tecniche e politiche della prepotenza umana: guerre tecnologiche e informative di vario tipo sempre più infide e distruttive, speculazioni, reati difficili da intercettare e perseguire, sfruttamenti, concentrazione di potere in super-padroni.

Ma se la realtà può essere fatta anche solo di informazioni e di virtuale, chi la incontra e la vive non perde la sua fisicità fatta di sensi non riducibili a vista e udito, di bisogno di conoscenza e libertà.

La deriva digitale finanziaria e della manipolazione ha il suo propellente nell’evanescenza della differenza e del confine tra rappresentazione e realtà, tra finto e autentico, tra falso e vero con conseguenze per certuni estreme: niente è reale o la terra è piatta.

2.2 È la nostra CORPOREITÀ che incontra le cose e determina le relative immagini e informazioni

Gli strumenti informativi “aumentati” sono sempre più potenti. Essi riducono la fatica del lavoro e si accompagnano alla perdita della manualità, ad una insensibilità accresciuta e diffusa alla relazione, verso ciò che è altro da noi.

Le informazioni, digitalizzate o meno, hanno da qualche parte una base materiale e una scrittura, esprimono beni e servizi, oggetti, immagini. Sono conoscenza di cose che spesso non si vedono, ma che comunque percepiamo grazie e nei limiti del nostro corpo che per intero sente e pensa.

Le distanze tra immagine e corpo, tra pensiero e azione, tra idea e gesto artigianale, si sono annullate. Subiamo infatti più di un rischio di non vedere, di infiacchirci nella mente e nel fisico, di rifiutare aprioristicamente la fatica dell’apprendimento e di non cogliere i cambiamenti, di dare per scontata la logica del mercato e del più forte, l’applicazione di algoritmi, di essere indifferenti alle disuguaglianze sociali. Così non apprezziamo come dovuto la vecchia carpenteria di un tetto di legno fatto con mani che hanno trasformato sapientemente e abilmente molte e diverse informazioni. Presi dalle immagini, dimentichiamo che abbiamo cominciato a riconoscere il mondo fuori di noi annusandolo e toccandolo, che siamo noi a vederlo nel cellulare, oggetto fisico protesi mediale delle mani e del cervello.

Di fronte ad un’opera letteraria o ad un arnese qualsiasi, è il distinguersi dall’oggetto – la giusta presa di distanza – che ne permette il riconoscimento e la decodifica. Questo vale ancor più per i servizi che richiedono una connessione tra le persone. L’incontro con il mondo richiede la consapevolezza della corporeità di sé e il riconoscere il significato della Chiave a stella che sono alla base della relazione con le cose in cui concretezza e informazioni, digitali o meno, convivono da sempre.

I servizi insieme ai beni sono sia manufatti, cioè fatti con mani che hanno tradotto operativamente uno sguardo e la sua cultura in un’azione oggetto o pezzo di mondo, sia documenti digitalizzabili. Messaggi glocali con una straboccante dimensione ecologica e politica da capire e da governare.

2.3 Oggetti, immagini, parole sono INFORMAZIONI e simboli

Se guardiamo alle cose elaborate dagli uomini con lo sguardo antropologico proprio dell’archeologia cognitiva, cioè come reperti di un’epoca, l’aspetto che emerge – oltre allo stile o codice culturale, alla tecnologia di cui le opere sono espressione – è il modo di funzionare, di esistere degli oggetti sia materiali che astratti quali presenze di relazioni umane. Gli oggetti hanno nel nuovo mondo digitale un nome e un’identità forniti dal linguaggio d’uso delle informazioni che li costituiscono. Un CODICE software quale insieme di istruzioni, invisibile ma descrivibile e conoscibile come racconto, che presiede alle funzioni e alle storie degli stessi oggetti, alle loro simulazioni e narrazioni, siano essi, ad esempio, uno stetofonedoscopio, una bussola, un fondo investimenti o una poesia.

Le opere – con le loro imperfezioni, fragilità, correzioni e mutazioni consolidate – sono multisensoriali, in particolare visuali, comunicano un pensiero, immagini del mondo. Esse sono MEDIA, informazioni e simboli da interpretare oggettivamente (condivisibilmente) e soggettivamente (individualmente).

Ogni oggetto materiale porta all’immateriale (al concettuale) e viceversa. A bellezze e a schifezze che le arti raccontano. Solo in questo andare e venire tra materia e corpo pensante, la parola coglie il senso delle cose ed è possibile non deragliare nel cervellotico. Un setaccio, una ricetta o la burocrazia sono inquadrabili come insiemi di informazioni atte a stabilire cosa non sono e cosa sono. Opere che sono FRUTTI e SEMI di prove e errori, di immaginazione e di metodo scientifico, di tradizione e di innovazione. Sedimentazioni storiche di esperienze con varie estetiche oggi colte al passaggio digitale con un occhio alla loro irrazionale e razionale bellezza che è legata al “profumo” delle cose. Ad esempio, in una vanga e in un racconto la bellezza, per qualcuno, è legata rispettivamente a sensazioni determinate dal piantare un albero e dall’ascoltare una poesia.

  1. Un GRANAIO di storie

3.1 I siti sono GRANAI di informazioni

L’infoGRANAIO, con la sua articolata raccolta di informazioni sull’arte del coltivare, può essere considerato un erede dei granai, giacimenti di riserve strategiche dell’agricoltura del passato.

Nel corso della plurimillenaria storia della civiltà contadina il territorio è stato antropizzato, è diventato città con campagne. Una cascina, ad esempio la corte agricola in Val Padana, è un luogo emblematico di questo processo evolutivo testimoniato dalla produzione di strumenti con un pensiero legato alla domesticazione di piante e di animali. Arnesi la cui immagine era ben presente nella testa dei braccianti, cioè di chi era considerato solo delle braccia. Reperti di storie, di forme di potere di classe e di genere, di lotte.

Cose povere, canzoni, racconti, religione, paesaggi, strumenti che identificano la civiltà contadina, la cultura materiale da cui veniamo. Essi parlano di concezioni della natura, di arcana madre terra, di stagioni, di bellezza, di convivenze. Fonti di dialogo tra memoria e speranza, tra presente e futuro sostenibile. Un patrimonio di esperienze quotidiane di lavoro, di pensiero che, rarefatto, ci portiamo dentro (vedi anche successivo punto 8.2).

I granai, luoghi di raccolta ordinata di frutti che diventano semi, originariamente terminali di coltivazioni oggetto di commerci, di guerre, di relazioni sociali, sono diventati ripostigli di cose varie inutilizzate, giacimenti di ricordi alieni. Una possibile metafora di archivi, sitipiattaforme, “nuvole” in scatoloni di cemento chiamati DATA CENTER?

3.2 Il VISSUTO delle opere e i grani-informazione

Senza tirare in ballo ipotesi filosofiche o di meccanica quantistica relativa alla struttura granulare della materia di cui siamo fatti e sono fatte le cose, gli oggetti sono storie. Semi da selezionare, conservare, elaborare, scambiare, donare. Forme con identità anatomiche, funzionali, di genere, espressione di varie culture artistiche. Rivelano preoccupazioni, creatività e aspirazioni delle generazioni che li hanno prodotti.

Nella società delle informazioni, nel mondo digitale della quarta rivoluzione scientifica, la sfida è tirar fuori nuove visioni dall’insieme delle informazioni che caratterizza la vita di ogni cosa, è cercare di vedere la genetica della fine degli oggetti umani oltre le apparenze, i rumori e gli inganni.

Per questo sono messe insieme nell’infoGRANAIO cose diverse e promosse le attività sinergiche tra loro di seguito indicate.

  • Selezionare oggetti immateriali e materiali, originali o copie, valorizzando ciascuno quale storia, pensiero e saper fare materiale e artistico.
  • Valutare l’efficacia dell’oggetto e rilevare il documento digitale che ne emerge con sguardo antropologico alle informazioni sul valore commerciale, sul valore d’uso, sul rapporto fine/mezzo, sul progetto e sul carattere più o meno esemplare di arte della cura.
  • Collegare la materialità e/o l’esperienza dell’oggetto o dell’evento al concetto che esprime. Vedere l’artificiale naturale (un tetto?) e il naturale artificiale (un giardino?). Decodificare le cose e svelare la realtà come apparire ai diversi livelli di lettura critica, riconoscere le conseguenze del legame con internet e l’effettività del virtuale. 
  • Progettare beni e servizi con cura, complessivamente efficaci. Coltivare la valutazione degli obiettivi, l’innovazione, le compatibilità, l’ecologia delle opere e la loro raffigurazione con una fotografia politica.

Un GRANAIO di materiali e simboli, di immagini e codici interfaccia, di INFORMAZIONI DIGITALI da valutare e tirar fuori per semine.

  1. Cose da SMANTELLARE

4.1 Il peso delle cose e la loro sostenibilità

Per emergere dalla massa delle informazioni futili, andare oltre la società del pattume e delle discariche a cielo aperto occorre avere consapevolezza dell’ingombro umano. Produciamo troppa paccottiglia, ma soprattutto indifferenza ai soprusi e al carico ecologico della specie umana che si accumula nel tempo. Le opere sono, se va bene, documenti archeologici e idee da digerire. Un televisore, una speculazione edilizia, un’ideologia diventano presto cose da smantellare o, nel migliore dei casi, da lasciare alla rinaturalizzazione.

4.2 Lo svisceramento degli oggetti e la transitorietà dell’arte

Le persone e le comunità, se responsabilizzate dell’esistenza degli oggetti, sono tenute a aiutarli oltre che a nascere a morire. Questo per farli ridiventare materia, energia e rinascere in altri oggetti. Non mancano i collezionisti, gli accumulatori compulsivi, le botteghe e i mercatini di beni usati, le raccolte differenziate e i ricicli dei rifiuti. Ciò di cui c’è carenza sono: una cultura dell’essenziale, un’economia circolare non di facciata, un’educazione visiva alla prevenzione, allo sguardo svelatore (epistemologico e ontologico) e selettivo delle cose inutili se non dannose. 

Una lettura digitale multidisciplinare degli oggetti in funzione rigenerativa degli stessi è di aiuto sia per le attività di riutilizzo psicologico e fisico delle opere sia per controllare il doppio istinto distruttivo della vita tra bulimia e anoressia. Smontaggi e svisceramenti della CULTURA negli oggetti, accostamenti insoliti, compatibilità e integrazioni nell’ambiente tra vecchio e nuovo generano idee creative di arti ambientali, progetti pensati per VIVERE e LASCIAR VIVERE. Arte transitoria. Aleatorietà e oblio, classificazione e memorizzazione, immaginazione e gestualità portano leggerezza nella complessità del reale (v. Calvino ) e aiutano ad andare oltre. 

  1. La bellezza e l’ARTE tra cultura, passione e progetto

5.1 Ogni opera parla della persona che l’ha fatta e della sua cultura

È dalle opere che si capisce chi siamo. La possibile bellezza di un’azione, spesso non riconosciuta, viene fuori dalla ricerca, dall’ESPERIENZA del fare di una persona, dalla sua arte. 

Cose varie di artisti spontanei e imparati, di falegnami e giardinieri sono un servizio al sentire oltre che al vedere. Esse sono originate da un bisogno di esternare, da un problem solving, da una passione, da uno stato di grazia creativa, da una cura che, non per miracolo, prendono FORMA espressiva in una cultura con un radicamento locale e un progetto.

Scoperte, invenzioni, creazioni “a regola d’arte”, progetti sempre un po’ imperfetti e passibili di una migliore o diversa bellezza, sono frutto di formazione oltre che di iniziativa e, nei casi fortunati, di un saper FARE riconosciuto, alimentato da conoscenze e tecniche in continua evoluzione.

Salvo il caso di attrici/attori, cantanti, campioni sportivi e virtuosi affini già certificati dalle alte remunerazioni, sono i gesti semplici e efficaci di artisti, che spesso non si ritengono tali, quelli che bucano e diventano beni e servizi da copiare e da cui ripartire, gesti e oggetti significativi.

L’arte non è una professione, ma un’attitudine al fare immagini culturali con cura quasi sempre aggiungendo e togliendo particolari a quanto già è stato fatto. Un agire tra l’ordinario e il geniale che nasce da un ascolto e dalla ricerca della bellezza cresciuti nella cultura del proprio tempo che può ritrovarsi in tutte le discipline o arti.

5.2 C’è del bello nell’arte, ma non solo e solo nell’arte

Che cosa sono l’arte e il BELLO di un’opera se non il risultato di una FARE che colpisce dentro gli osservatori? La forma di un’azione efficace, in grado cioè di mettere in moto – al di là del contesto culturale e della soggettività del bello – esperienze, relazioni, di dare senso alla vita.

Una zappa o una scultura è bella quando risuona dentro una persona, se accende l’attenzione per la forma, il design dato ad una funzione, per un’astrazione. Se colpisce per un dettaglio o per l’insieme illuminante la sua vicenda, il suo essere e parla al suo ambiente. La bellezza di un’opera ha una base insieme fisica e concettuale, la sua evidenza è elegantemente emotiva, sensuale e mentale, e in tutto questo sta l’essere arte.

Nella natura non c’è arte, ma meraviglia e emozioni, bellezza che l’uomo immagina, osserva, studia, interpreta e cerca di capire, desidera e copia. Nel fare umano, più o meno razionale, c’è qualcosa di diverso dalle bellezze e dalle alterazioni della natura, di una nuvola o di un albero, di un uovo o del canto di un usignolo, delle gocce d’acqua sospese all’alba sui fili dell’erba, del corpo di una donna.

Le opere hanno in sé il SEME culturale e progettuale posto dall’artista, una genetica che ne determina la forma, il fine e i limiti, l’estetica. Una bellezza gratuita in un’idea che diventa esperienza di vita per sé e per altri, la consapevolezza di un pensiero, un progetto realizzato più o meno bene, la fonte di possibili copie e nuove interpretazioni degli oggetti da parte di altri artisti coltivatori di domande.

5.3 L’arte non è un oggetto, ma attivazione di relazioni e di esperienze dell’esserci

La seconda questione retorica, con relativa risposta scontata, riguarda cosa intendere per esperienza.

Che cosa è un’ESPERIENZA del fare, ivi compresa quella estetico-artistica creativa o contemplativa, se non un incontro fisico e l’apprendere a relazionarsi con la reltà rivelatrice e generativa di PENSIERO?

È con la consapevolezza dell’esperienza che si riconosce l’efficacia, un sè stesso che impara a dialogare più o meno umilmente con il TU. Dall’invito accettato a partecipare alla vita, dal fare e dal comprendere un’opera deriva sia all’autore sia all’utilizzatore una sensazione estetica della bellezza, di presenza e di assenza, di pieni e di vuoti, di senso del tempo che scorre, del vivere, dell’esserci che è l’abitare lo spazio e il tempo. Sensazioni ed emozioni che non trovano campo nell’apprendere delle intelligenze artificiali incapaci di sogni e di sentirsi sole.

Per definizione le esperienze, anche quelle virtuali, si fanno per prove e risultati. Esse lasciano nelle persone dei segni oltre a sogni. I relativi effetti fisici e mentali determinano le nostre visioni, il modo di agire e di reagire. Si dice che l’esperienza di una statua, come di qualsiasi corpo, consiste nell’occupazione di uno spazio, mentre le esperienze umane sono ciò che resta di relazioni, di insuccessi e successi. Informazioni di progetti o quasi progetti, tracce del tempo e nel tempo di oggetti iscritti nella memoria da conoscenze e da emozioni.

Prendiamo il caso di chi suona e di chi ascolta una musica nata da una cosa denominata “spartito“. Ci sono almeno tre esperienze e progetti artistici in uno: il primo progetto è espresso dallo spartito, il secondo è quello di chi lo esegue e si è preparato con lo studio dello strumento musicale e il terzo quello di chi ha deciso di dedicare del tempo all’ascolto.

L’arte è frutto del rilevare e del progettare informazioni che danno luogo a oggetti. I progetti richiedono conoscenze e un fare con arte – mente & cuore, intuizioni e immaginazione che diventano iniziativa, simulazioni e imprese  – o non sono progetti. È propro degli umani essere attivatori di relazioni e di esperienze artistiche personalizzando opere copiate bene o inventando cose nuove da mostrare a sé stessi e al mondo.

PARTE  DOCUMENTARE  (interpretare)     

  1. Classificazione degli OGGETTI CULTURALI

6.1 Reperti esemplificativi di ARTI

Che cosa raccogliere nell’infoGRANAIO? Come individuare e selezionare OGGETTI, anche banali, significativi dell’arte della cura quale arte degli obiettivi ed efficacia del pensare e dell’agire oltre che metafora di chi li ha prodotti?

Le opere sono oggettivazioni di visioni e di MESSAGGI. Esse sono scelte per l’infoGRANAIO in base ai seguenti criteri convenzionali:

  • oggetti culturali con tracce di ARTI;
  • vari e emblematici di modi di pensare e rappresentare la VITA (senza essere da museo). 

Artefatti differenti sono quindi considerati pretesti per ricercare l’essenziale del modo di pensarli come OGGETTI, per riflessioni sulla genesi delle informazioni (nome, forma, funzione, ecc.) che li costituiscono, ma anche per coltivare l’igiene o ecologia mentale.  

A questo fine si parte (e si è partiti) con una RACCOLTA esemplificativa di oggetti sia fisici – dalla cui materialità percettibile coi diversi sensi e il contatto diretto non si può prescindere – sia  astratti usufruibili come discorsi disancorati da uno specifico supporto ma non dal loro contesto culturale. Reperti ritenuti espressivi di saperi accumulati e dell’agire dell’homo faber, necessariamente né strani né capolavori o icone.

La loro messa a fuoco quali documenti di antropologia culturale implica in primo luogo una classificazione tipologica: l’individuazione preliminare delle principali CATEGORIE di oggetti, senza essere ossessionati dalla tassonomia, secondo il modo degli umani di relazionarsi ad essi con il corpo e con la mente.

6.2 Le cose e le parole: CLASSIFICAZIONE e catalogazione

Le opere, entità non naturali, sono guardate archeologicamente e rilevate come DOCUMENTI d’uso di possibili progetti di cui discorrere. Sono catalogate (vedi SCHEDA di CATALOGAZIONE) in modo da formare un apparato iconografico e un repertorio con un lessico sviluppato per comprendere e comunicare l’arte quale cura della forma delle cose.

Utile, se non vitale, nel processo di concettualizzazione e di valutazione di una cosa è:

  • la rappresentazione o figurazione anche metaforica volta a cogliere al meglio l’originalità e le linee essenziali dell’apparire di ciascun oggetto,
  • la sua denominazione e la terra di provenienza,
  • la sua classificazione in base al suo presentarsi come informazione/i e alla funzione principale svolta.

Il primo criterio di classificazione delle cose dell’info GRANAIO si fonda su una distinzione convenzionale e schematica tra fisico e astratto desunta da quella sui beni economici, cioè tra cose MATERIALI e cose IMMATERIALI. Cose tutte viste come “media, veicoli di comunicazioni e portatrici in modi diversi di informazioni, racconti e idee.

Questa categorizzazione non coincide con la distinzione tra beni e servizi, né tra reale e la sua raffigurazione o tra naturale e sprannaturale, ma è più vicina alla distinzione tra  sensoriale e mentale nel rapporto del nostro corpo con gli oggetti.

L’opzione qui assunta di distinguere gli oggetti assegnando all’immateriale quelli fatti primariamente di concetti memorizzati nasce dall’esigenza di riconoscere operativamente piena autonomia dalla materia ai PENSIERI umani, ad un pensiero costituito da informazioni frutto della relazione dell’uomo con la realtà. Questo ben sapendo che gli oggetti immateriali emergono dalla materia e sono tutt’uno con essa. Qualsiasi cosa l’uomo incontra, immagina e fa ha una base fisica esterna a sé, fonte che la connota, e i relativi discorsi, frutto di emozioni e liberi ragionamenti, hanno un’esistenza oltre la materia oggettiva e soggettiva da cui sono partiti. L’arte, le raffigurazioni e i codici sono conoscenza in quanto informazioni incarnate provenienti da corpi umani. Corpi umani, formatisi a loro volta in base a sequenze di molecole informative (DNA, ecc.), in via di ibridazione e di integrazione con ambienti virtuali-digitali.

6.3 Parte IMMATERIALE (software) e MATERIALE (hardware) degli oggetti e dei soggetti

L’immateriale è proprio della parola e dell’informazione  presa in sé, digitale o digitalizzabile, e non coincide né con l’invisibile né con il non conosciuto o il misterioso e il mistico. Gli oggetti immateriali sono infatti degli insiemi significanti di informazioni emergenti dalle interazioni con l’ambiente, da materiali, ma non più dipendenti da essi. I diritti e i doveri, le leggi fisiche, la forza descritta da Newton della mela che cade, il discorso della montagna di Gesù di Nazareth sono in particolare oggetti immateriali assoluti con base nel materiale della mente umana e non necessariamente di un solo uomo.

Questa tra oggetti immateriali e materiali è una separazione utile a comprendere l’unitarietà del reale, la co-evoluzione relazionale oggetto/soggetto, il significato di desiderio, di informazione, di conoscenza e un pò anche di persona SPIRITO libero ricercatore pensante con basi logiche più o meno consapevoli di non sapere e di sapere poco. Il senso della relazione tra oggetto e soggetto oltre che tra gli oggetti, l‘intrinseco rapporto tra percezione e realtà porta a capire che ciò che è chiamato oggettivo e soggettivo non è altro che il duplice aspetto della medesima realtà: una realtà esteriore, la materia e la forma, e una interiore, la consapevolezza e il pensiero di pensiero.

Premesso quindi che ciascuna opera, ciascun oggetto può nello stesso tempo essere considerato materiale e immateriale, ha cioè le due dimensioni delle cose umane, sono considerate IMMATERIALI o mentali, oltre alle infrastrutture teoriche, tutte le opere la cui copia o scrittura su un supporto dematerializzato o digitale non ne riduce la piena comprensione, il godimento e l’uso quale documento informativo e operativo.

6.4 Le CATEGORIE degli oggetti materiali e immateriali

Sono invece classificati tra gli oggetti materiali tutti quelli il cui uso principale non può prescindere dalla loro corporeità. Senza dimenticare che ogni informazione è scritta da qualche parte e ha una matrice fisica, che ogni software ha dei limiti nel relativo hardware e richiede energia per rilevazioni, accessi e usi. Gli oggetti digitali sono fatti di un insieme di informazioni strutturate che li rendono pienamente usufruibili quali NFT senza copyright. È il caso, in generale, delle cosiddette opere di carattere riflessivo, progettuale, inventivo, teorico esplicativo, estetico, spirituale o organizzativo rappresentate o rappresentabili su un supporto digitale. Le narrazioni, ma anche un quadro, una legge, una foto e una scultura nella loro essenziale dimensione informativa diventano immateriali così come una ricetta, una procedura o un programma informatico.

La classificazione degli oggetti procede pertanto a cannocchiale nelle due Aree degli oggetti immateriali e materiali ripartite in Sezioni, Classi e CATEGORIENel momento in cui è rilevata una cosa “artistica”, la si associa ad altri oggetti con caratteristiche funzionali analoghe che nell’insieme possono appartenere ad una stessa Sezione, Classe e CATEGORIA

La lettura e l’inquadramento “archeo-ecologici” delle opere come documenti dipende e ha specificità legate, oltre che alle caratteristiche proprie della categoria di appartenenza, allo sguardo al loro obiettivo e uso nel tempo. Lo strumento di rilevazione è la SCHEDA di CATALOGAZIONE le cui informazioni rispondono alla ricerca sul rapporto tra arte e cura delle cose che infoGRANAIO persegue.

Con queste prospettive è presentata di seguito una classificazione o tassonomia semplificata degli oggetti culturali, suddivisi tra quelli immateriali e materiali.

6.4.1 OGGETTI IMMATERIALI o dematerializzati

Gli oggetti immateriali fatti di informazioni digitali si distinguono tra quelli con spiccato carattere intellettuale ed estetico – espressione di arti performative (visuali, musicali, ecc.) come un quadro, un film, una musica, un racconto, un saggio – e quelli di tipo sociale, quali gli usi, i diritti, le istituzioni, i servizi, le politiche, le opere pubbliche, i progetti, i percorsi di cura, le diverse forme organizzative delle relazioni sociali. Questi ultimi sono soprattutto espressione di arti professionali e gestionali o manageriali, di interdisciplinarietà e di integrazione operativa tra le persone, tra operatori e utente.

Si tratta quindi di beni relazionali, oggetti ad uso speculativo e estetico o organizzativo e sociale, anche sintetici e virtuali. Concetti, valori, relazioni la cui concretezza è data dalla presenza dell’oggetto in esperienze umane comunicabili e da riflessioni sistematiche.

Permane sempre negli oggetti immateriali una parte materiale di supporto e un’operatività che caratterizza le versioni applicative, la casistica, le simulazioni e le esecuzioni. Nei libri e nei documenti digitalizzabili il legame tra carta e scrittura o figurazione si è sciolto ed è apparsa un nuovo tipo di testo proprio delle opere presenti in Internet. Così la copia di un’immagine o di una musica è proposta quale caso di un insieme significativo di informazioni, di un concetto o di un progetto con arte. Oggetti vari, foto e schemi di servizi che “parlano”.

6.4.1.1 Area degli Oggetti immateriali, Sezione ATTIVITÀ FIGURATIVE (arti plastiche colte nella loro espressione concettuale) le cui Classi e, all’interno, le relative CATEGORIE individuate sono: 

A. CONCEZIONI, idee del mondo, fisse o in movimento, proiettate o dipinte, presentate su una superficie a due dimensioni, una parete, un foglio, una pellicola, uno schermo in cui è raffigurato un pensiero, una conoscenza presunta del senso delle cose. Le due seguenti CATEGORIE in cui si articolo questa classe distinguono gli oggetti che richiamano concezioni del mondo attraverso figure di realtà contingenti ed esemplificative da quelli immaginari o teorici espressi con diagrammi:

(NOTA: ovviamente le foto e i relativi oggetti rientranti nelle categorie di cui sopra sono considerati immateriali in quanto metafore il cui contenuto informativo è riportato in documenti digitali. Essi comunque potrebbero essere benissimo assegnati anche ad altre categorie di oggetti sia immateriali che materiali in funzione dello sguardo rivolto ad essi, per esempio alla categoria delle “Effigi, contenitori, …” dell’Area degli oggetti materiali)

B. ARCHITETTURA e SCULTURA (fare immagini con figure a tre dimensioni). CATEGORIA:

6.4.1.2 Area degli Oggetti immateriali, Sezione ATTIVITÀ MUSICALI e LETTERARIE le cui Classi e le relative CATEGORIE individuate sono:

A. MUSICA, DANZA, TEATRO, CINEMA e SPETTACOLI, CATEGORIA:

B. LETTERATURA (Scrittura digitalizzata: poetica, filosofica, informativa. È la lingua la MATERIA della poesia e della filosofia). CATEGORIA:

6.4.1.3   Area degli Oggetti immateriali, Sezione : ATTIVITÀ SOCIALI (servizi, progetti, organizzazioni, istituzioni, dispositivi, convenzioni e usi ) le cui Classi e le CATEGORIE individuate sono:

A. USI e COSTUMI PUBBLICI e PRIVATI. CATEGORIA:

B. SERVIZI. CATEGORIA :

 6.4.2 OGGETTI MATERIALI

Sono ritenuti oggetti materiali le opere da considerare in presenza del loro supporto fisico, la cui fruizione operativa non può che passare da un contatto fisico, da una percezione multisensoriale. Strumenti, prodotti artigianali e industriali, quali vestiti, pentole, bisturi, computer, forche, cose comuni che sono frutto di un pensiero insieme funzionale, operativo ed estetico. Essi non sono solo materia, sono virtualmente rappresentabili, sono fotografabili e portatori di informazioni (di immaterialità). Esistono anche come possibili documenti digitali, insieme di informazioni indicanti una fisicità e una cultura materiale.

La loro azione, alla stregua di quella degli oggetti immateriali, è comunque descrivibile con concetti e identificabile con un codice softwareSono attenzionati gli oggetti comuni evolutisi con arte nel tempo riguardanti il ​​mangiare, l’abitare, le attività professionali assicurate in passato soprattutto da donne, i cicli produttivi del vino e del formaggio, l’assistenza, ecc. Questo anche per popolare a partire da un bastone una linea di ricerca sull’arte strumentale da mettere in parallelo a quella classica e dei sogni.

6.4.2.1 Area degli Oggetti materiali, Sezione ATTIVITÀ QUOTIDIANE, beni, arnesi vari utilizzati nella casa e nella vita sociale (cose rivisitate dal punto di vista dell’arte della cura e del digitale, cioè sia come fonte di informazioni sia come riuso o fruizione artistica). Le Classi e le relative CATEGORIE ad oggi individuate sono:

A. MOBILITÀ (funzioni: camminare, muoversi con vari ausili e protesi, spostare oggetti, guidare, cavalcare, picniccare, ecc.), a questa Classe corrisponde la seguente CATEGORIA di oggetti:

B. CURA DELLA PERSONA (mangiare, vestirsi, lavarsi e lavare, prendersi cura della propria salute, assistere altri, ecc.). CATEGORIE :

C. CURA della CASA (lavori di manutenzione e gestione, bagno, mobilio, ecc.). CATEGORIA :

D. VITA SOCIALE (associazionismo, comunicazione, religioni e spiritualità, hobbistica, gioco e attività del tempo libero, dispositivi per l’autosufficienza, tecniche, ecc.). CATEGORIE:

6.4.2.2 Area degli Oggetti materiali, Sezione ATTIVITÀ PROFESSIONALI frutto di una divisione sociale del lavoro le cui Classi (vedi Classificazione Istat delle attività economiche, Aggregazione intermedia con 38 categorie) e le relative CATEGORIE di oggetti considerati sono:

A. AGRICOLTURA e ITTICOLTURA. CATEGORIE:

B. INDUSTRIA e COSTRUZIONI. CATEGORIA:

C. ISTRUZIONE e GESTIONE. CATEGORIA:

D. SANITÀ e SOCIALE.  CATEGORIA:

E. ATTIVITÀ VARIE d’INTRATTENIMENTO. CATEGORIA:

In conclusione nella realtà delle cose non c’è dualismo tra materia e spirito, non c’è fisica senza post-fisica o pensiero senza fisica. Tutte le opere umane possono essere ricondotte a manifestazioni del FARE-IMMAGINI e classificate – più o meno adeguatamente – come fossero rifiuti per la raccolta differenziata da cui trarre archeologicamente indicazioni sulle culture sottostanti. Ogni cosa è catalogabile quale esempio di ARTE varia – da un souvenir ad una caffettiera o una musica – con la sua forma culturale materiale e immateriale, il suo sapere espressione di linguaggi e discipline, di potere, di funzioni operative. In ognuna di esse c’è una cultura, una veduta del mondo e del vivere, un pensiero di obiettivo e di verità che vengono da incontri con la realtà. 

  1. Il web e il CODICE SOFTWARE delle cose

7.1 Gli oggetti, le INFORMAZIONI e la rete

L’immenso, vero granaio, deposito degli oggetti umani è la rete. Internet è fatto di INFORMAZIONI ed è l’ambiente dell’iper-connettività degli oggetti. Il più grande magazzino mai costruito di entità, di dati che diventano informazioni, conoscenze e cultura post-analogica di uso degli oggetti. Informazioni in pasto e in uso a Agenti di Intelligenze Artificiali o macchine simulanti mutano la natura degli oggetti e del modo in cui li scambiamo. Gli strumenti digitali sono in grado di elaborare e di presentarci in modo convincente il mondo. Lo schermo, a dispetto del nome, non è una protezione, un riparo da inganni e violenze di vario tipo.

Disorienta la velocità dei processi di accesso al sapere e le conseguenze che questo potere tecnologico ha sul nostro modo di imparare e sulle DEMOCRAZIE.

La trasformazione delle informazioni in segnali digitali ne consente l’archiviazione e l’uso in algoritmi operativi. La registrazione e la combinazione senza precedenti di dati sul funzionamento dei beni e dei servizi, permette di perseguire OBIETTIVI impensati, di influenzare comportamenti e decisioni politiche. Molto dipende dalle esperienze delle persone, dall’amore per l’arte della cura delle cose, dalla conseguente visione politica, da come ci rapportiamo alla realtà delle informazioni, alla condizione digitale. 

La rete, le varie piattaforme, Wikipedia, evoluzioni dell’idea di Enciclopedia, permettono, a partire da un nome e da un’immagine, non solo di estrarre ma di produrre conoscenze, di dar luogo a funzioni, messaggi operativi, a ARTI. Le cose “connesse” diventano oggetti virtuali presenti insieme a nostri gemelli, anche loro virtuali, in mondi digitali e in qualche metaverso.

7.2 Il CODICE sw

Internet è quindi un nuovo gigantesco granaio di dati di cui facciamo parte, che alimentiamo e a cui abbiamo l’accesso in comune – non senza condizionamenti – per conoscere e rielaborare gli sguardi degli altri alle cose. In questo senso internet è un pilastro fondamentale dell’infoGRANAIO. In particolare è la fonte della bibliografia e del codice software (d’ora in poi “sw”), della rappresentazione numerica delle cose e delle APP. Per non diventare dipendenti e schiavi è indispensabile un “pensiero critico e di decodifica” (Paolo BENANTI) dei codici, nuove leggi che governano di fatto il comportamento di miliardi di persone.

Il sw è dato dall’insieme dei sw che determinano l’esistenza e l’IDENTITÀ dell’oggetto materiale o immateriale nella rete, che ne fanno una cosa in azione. L’analisi di dati (data analytics), i big data, i data optimization,  l’Internet of Things , la stampa 3D, l’intelligenza artificiale (IA) sono le tecniche digitali in evoluzione di riferimento. Il computer e il cellulare, protesi di cui non possiamo più fare a meno, ne esemplificano l’impatto sul nostro modo di pensare e di connetterci con il mondo e i suoi oggetti.

7.3 L’infosfera e la decodificazione di testi e immagini 

Il codice sw è l’interfaccia utente/i degli oggetti e tra gli oggetti. Questo portato alla rivoluzione digitale è da approfondire nei suoi aspetti positivi e negativi. È da decodificare. Perché se è chiaro che cos’è dal punto di vista ontologico, non è di dominio pubblico l’operativizzazione, l’uso negli algoritmi, il modo di farlo diventare da invisibile a visibile, aggiornabile o eliminabile. Il suo essere strumento a disposizione di poteri più o meno occultabili se non violenti.

I nostri limiti cognitivi e operativi nel guardare e percepire gli oggetti vanno confrontati con le possibilità di sentire e valutare le cose, i fatti con i dati. Dati che escono dalle cose, che le rappresentano e le sensorizzano permettendoci di percepire anche oltre i nostri sensi la realtà del nostro corpo, delle istituzioni, dell’ambiente. Ogni oggetto con relative caratteristiche intrinseche ed essenziali ha di fatto o potenzialmente un nome-indirizzo di rete. E’ un’entità definita con codici in un ecosistema digitale o “infosfera” (Luciano FLORIDI). Il codice sw è uno strumento utilizzabile a proposito e a sproposito, appropriatamente o meno, la cui efficacia, oltre all’eticità, dipende dall’ obiettivo che ci danno e che ci diamo accettando i rischi e i vantaggi di non disconnetterci e preferendo il calore della vita sociale all’isolarci vanamente. 

  1. Pensare in DIGITALE con SENTIMENTO

8.1 Informazioni che amplificano o appiatiscono il sentire umano?

L’identità digitale, la scrittura delle informazioni di beni e servizi – delle relative immagini e parole – in alfabeto binario e in codice producono DOCUMENTI digitalizzati e integrati delle opere, iscrizioni dematerializzate di relazioni sociali, MEDIA che danno luogo a processi decisionali personali e pubblici spesso non trasparenti.

Il DIGITALE, nelle sue molteplici e spesso nascoste possibilità tecnologiche dell’informazione e della connettività, è il nuovo linguaggio della comunicazione e della progettazione, un modo potente di conoscenza e di operatività. I poteri finanziari e politici lo conoscono bene e ne fanno un uso oligarchico e spregiudicato per il proprio tornaconto. Computazioni, algoritmi, crittografie, piattaforme, app, infrastrutture di rete sono le architetture reali, insieme fisiche e virtuali, delle informazioni di cui capire il funzionamento e con cui fare i conti per non esserne schiavi ignari.

Un’opera ha quindi una parte materiale o hardware che tende a perdere consistenza e importanza mentre la sua parte software tende a crescere ambiguamente e in incognito. Non dovremmo comunque dimenticare che anche noi siamo riconducibili a hardware e software e che è dal corpo che viene l’eros, il desiderio della vita.

Sulla base della visione che “tutte le cose sono numero” (Pitagora), gli oggetti sono fissati, sono incasellati e messi nel web. I dati digitali o numériques configurano gli oggetti sia materiali sia astratti e ne facilitano la messa in relazione. Essi variamente combinati e incrociati generano nuove visioni, previsoni e gestioni di realtà quotidiane.

Vedere oltre l’apparenza e il consumo virtuale delle cose richiede un occhio indagatore alla cultura da cui veniamo e che ci determina, capace di dare spazio al cuore e al sentire quasi fisicamente il TU, la persona dietro le cose, così da dare valore alle relazioni e al fine del vivere umano.

8.2 Essere dentro la cultura e andare oltre essa

La visione concettuale degli oggetti e la loro valutazione con il digitale ci interroga sul nostro essere informazione e pensiero. Il pensiero “aumentato” digitale è un insieme di immagini, parole, algoritmi, intuizioni e sentimenti (poesia) interdisciplinare, non è solo computazionale e non si esaurisce nella tecnica. Esso permette di analizzare, rappresentare, relazionare, simulare, comunicare ciascun oggetto e il suo terreno da un complesso di prospettive la cui sintesi non può che trovare il focus in un equilibrio di obiettivi e forme definibile ancora una volta come ARTE. Una visione che nasce da persone e specifici territori o contesti storici quale gesto per chi verrà dopo.

I musei, le scuole, gli ospedali, i negozi, le istituzioni, in generale tutte le aziende produttrici di beni e servizi sono posti di raccolta e erogazione di oggetti informazioni-documento con un pensiero concettuale digitale spesso “appiccicato” o usato come illustrazione o controllo burocratico. Ne è un esempio il modo di gestire educazione e sanità dove i DATI degli utenti sono imprigionati in scatole di processi di lavorazione, senza interoperabilità e possibilità di utilizzo per migliorare i percorsi formativi e terapeutici con la piena e autonoma partecipazione degli attori che porta alla loro collaborazione attiva.

C’è, in particolare, una realtà per me eclatante, quella delle numerosissime collezioni o raccolte etnologiche pubbliche e private delle testimonianze di arti e mestieri del passato legati alla civiltà contadina, alla prima industrializzazione e elettrificazione. Luoghi riconducibili alla funzione meritoria della conservazione di oggetti materiali, di modi di abitare la terra e di vivere le transizioni. Memorie in cui calarsi dentro ascoltando microstorie evitando l’esotica museificazione.

Gli oggetti sono esperienze che per non essere mummificati esigono sia stupore sia una lettura dell’ontologia progettuale. Il riuso concettuale delle cose in una nuova cultura richiede metodo e conoscenza generativa, “design concettuale” di cui parla L. Floridi. Simulazione digitale e recupero reale di valori nel presente.

8.3 Viste, combinazioni di informazioni e rivelazioni

La formazione, l’educazione sentimentale e a principi morali (di libertà, di giustizia?) passano dallo studio, dalle sperimentazioni di modelli e schemi con cui guardare agli oggetti e alle relative informazioni.

Gli archetipi razionali di questi schemi sono dei modelli statistici in cui le informazioni sono organizzate tra variabili indipendenti di contesto e variabili dipendenti di testo della cosa con paradigmi di cui essere consapevoli. Schemi diversi, utili sia per estrarre sia per filtrare dati servono a correlare e trattare “con empatiche INTUIZIONI” le tante informazioni a disposizione. In un mondo digitale, superata la fase del rifiuto della tecnologia ed esperito l’igienico digital detox, il gusto di approfondire le situazioni e verificare notizie, di scoprire relazioni e decodificare oggetti apre a sguardi e consapevolezze nuovi.

I codici software delle cose e il gioco dei prestigiatori dell’IA animano – oltre che profilazioni degli utenti – il rapporto immagini/realtà e i  percorsi deduttivi, associativi ed euristici. A questo scopo il pensare anche in digitale alle opere – se e in quanto pensiero – è fatto della sempre attuale apertura mentale nelle diverse direzioni con scelta di viste e combinazioni di informazioni, sia dirette (espressione del documento-cosa e delle curiosità della persona) che indirette  (in relazione con altri documenti e ai dati del web). Esso dà alla risorsa-dato un valore, per la comprensione del reale, diverso e non solo economico: apre a conoscenze più verificabili e condivise, al dialogo e all’arte, a fantastici binomi (Gianni RODARI), all’immaginazione operativa di un mondo migliore possibile.

  1. Un METODO di osservazione e di interpretazione degli OGGETTI

“infoGRANAIO”, quale minuta zattera digitale in un mare pieno di “portaerei”, è un repertorio di oggetti fatti emergere dal gran frastuono delle immagini che ci circondano per riflettere su arte e progettualità, sulla dimensione immateriale che viene fuori dalla materia e dalle relazioni con gli oggetti. Ogni cosa, fisica o astratta, è inquadrata, classificata e rappresentata con figure e parole su uno schermo quale documento di un’esperienza allo scopo principale di analizzarne FUNZIONE e FORMA caratterizzanti, operatività, ecosistema, fisiologia e morfologia.

La forma e la funzione di ogni cosa sono lette con chiavi antropologiche-culturali per rilevare dove porta il fare immagine degli umani con suoni, figure e odori. Lo schema di esegesi di seguito riportato e riassunto nella tabella finale è diretto a evidenziare l’obiettivo artistico, la cura e l’efficacia, il MESSAGGIO culturale, il tragitto casuale e contingente, le simmetrie, il disegno concettuale degli oggetti. 

9.1 Oggetto–FUNZIONE

Ogni oggetto culturale è uno strumento, rispnde funzionalmente ad uno o più PROBLEMI. Un oggetto ritenuto emblematico del fare umano sia per l’aspetto sia per l’OBIETTIVO o gli scopi perseguiti e perseguibili sia per i significati che evoca è messo sotto osservazione,  manipolato, sezionato, odorato, ascoltato, fotografato o riprodotto, gli è riconosciuto un nome ed è assegnato ad una categoria. È indagato “a che cosa serve l’oggetto”, cioè è individuata una FUNZIONE che lo presiede, quindi le origini e gli effetti prodotti, così come anche le dis-funzioni e/o le degenerazioni indotte, i possibili usi, la storia evolutiva. La/e funzione/i della cosa è/sono  descritta/e con uno o più verbi quali ad esempio: misurare, contenere, giocare, raccogliere/separare, progettare, ecc.

Sono rilevati il carattere tradizionale o meno dell’oggetto (innovazione o svolta culturale e/o artistica rispetto a precedenti soluzioni) e il suo grado di funzionalità operativa pratica diretta, la funzione simbolica o metaforica (trascendentale?), la storia della sua efficacia. Sono inoltre riportate eventuali varianti e combinazioni dell’oggetto con altri oggetti.

9.2 Oggetto-SEME

Ogni oggetto scelto diventa un object trouvé, un “fenomeno”. Esso pone delle domande seminali illuminanti su cause e conseguenze, variabili dipendenti e indipendenti, sui modi di essere e di fare arte. Sono osservati e rilevati gli elementi e i dettagli caratterizzanti la cosa, l’ergonomia, le realtà d’uso, le priorità, il pensiero progettuale. Sono indagati le componenti e i segni lasciati sull’oggetto dall’utilizzo, eventi e performance, le eventuali esperienze di efficacia nel rapporto persona-cosa-ambiente e le interazioni con altri oggetti e sensori. Il giudizio estetico sulla generatività di idee dalla cosa è esplicitato.

La forza, il livello artististico dell’EFFICACIA o di CURA PROFESSIONALE espressa dall’oggetto è valutato e indicato in base al fare efficace di questo, alle evidenze della incisività o meno manifesta della sua azione, delle emozioni e del messaggio identificabile nella/e funzione/i. In genere ci sono cose molto diverse, anche oggetti senza obiettivo evidente, senza cura, “senza funzione” o con solo una “funzione estetica” come una girandolina o un paesaggio, comunque fonti di meraviglia, kitsch compreso. Opere utili sia per passare dal materiale o dall’operativo al concettuale e viceversa sia per evidenziare i differenti livelli di efficacia artistica di un’opera nel suo complesso o di parti di essa.

La valutazione del carattere o LIVELLO ARTISTICO è basata sul percepito dell’agency o efficacia oggettivata nella cosa. Una valutazione del FARE con cura espressa dall’opera. Le esperienze indotte con essa sono inevitabilmente soggettive. Questo è anche il motivo della richiesta nel Sito di una valutazione plurale dell’oggetto da parte di una pluralità di partecipanti ad un convivio virtuale (vedi Valori della scala nella Scheda Catalogo da un massimo di 5 = oggetto emblematico del fare con cura a = oggetto senza evidenze di arte della cura o di efficacia).

9.3 Oggetto-FORMA

La forma o CONFIGURAZIONE dell’oggetto è ciò che appare direttamente e indirettamente rinviando ad archetipi e a metafore. La forma della luce, del suono, del profumo, del tatto, del pensiero – di ciò che è percepito – è dato da relazioni tra osservatore e cosa (IN-FORMAZIONE del pensare). Essa esprime le relazioni tra obiettivo, funzione e uso nelle realizzazioni delle diverse arti (musicali, visive, letterarie, filosofiche, …) e ha nella corporeità informativa della forma stessa il contenente e il contenuto fenomenici percepiti dell’oggetto stesso. Nel pensiero è forma e sostanza. Da essa emergono il disegno, la poesia, possibilità e limiti della cosa. 

La morfologia di un oggetto è decifrabile dallo stile, dal progetto, dalla performance-evento, dalle esperienze prodotte. Comparandolo con oggetti analoghi o con il suo opposto complementare (vedi variazioni), si possono delineare i passaggi con cui si è configurato l’oggetto stesso rispetto all’OBIETTIVO assegnato da chi lo usa o lo ha usato, la sua direzione nel tempo e l’evoluzione del modo di guardarlo e di usarlo, la sua storia culturale. La cosa, sfrondata con determinazione di ogni superfluo, è collocata nel contesto culturale dell’oggi quale REPERTO archeologico che plasma modi di pensare.

L’impatto del digitale e della rete sulla cosa (catalogazioni, sensori, algoritmi, intelligenza artificiale, ecc.) sono d’aiuto per mettere a fuoco la forma digitale dell’operatività dell’OGGETTO e il codice sw. Una forma di matematizzazione scientifica.

9.4 La re-visione e l’associazione degli oggetti

La fisionomia e la traccia artistica di ciascun oggetto emergono dall’obiettivo funzionale rispetto all’ambiente, al contesto d’uso. Nuovi contesti, ridenominazioni e abbinamenti, si veda la fontana-pisciatoio di Marchel Duchamp e il ferro da stiro di Man Ray, liberano lo sguardo da schemi di lettura precostituiti e con progressive associazioni di immagini portano al “da cosa nasce cosa” di Bruno MUNARI.

A ogni nuovo sguardo possono seguire re-visioni, progetti e usi diversi dell’oggetto. Una mappa diventa la traccia per un percorso di cura. Una ricetta la base da variare per sperimentare un nuovo dolce, uno specchio per ipotizzare una diagnosi. La burocrazia un labirinto percorribile se la conosci.

Un OGGETTO è scelto, analizzato e raffigurato in rapporto all’OBIETTIVO artistico, agli ESITI, alle VARIAZIONI/VARIANTI        

EFFETTI

TIPO di ANALISI

RAPPRESENTAZIONE

Funzione

VS

obiettivo

Serve per fare che cosa? ” In relazione ai BISOGNI/PROBLEMI sono rilevate FUNZIONI  e DISFUNZIONI, inquinamenti, composizioni

L’oggetto è inquadrato come reperto e documento sono rilevate eventuali VARIANTI o oggetti analoghi

NOME dell’oggetto-documento

FOTO con prime figurazioni e classificazione

Storia, innovazione e funzionalità operativa

Varianti e combinazioni

Seme

VS

obiettivo

Analisi seminale e del progetto concettuale, ERGONOMIA, modi e valori d’uso, priorità, evoluzioni nell’utilizzo

È indicato il livello dell’efficacia e il significato, il carattere artistico “di espressione del messaggio” in base a evidenze di esperienze e esiti

Interazioni, relazioni, fini e ESPERIENZE artistiche

VISIONE concettuale

Indicazione del livello della EFFICACIA artistica

Forma

VS

obiettivo 

Significato della presenza dell’oggetto: anatomia, fisiologia, simbologia. Informazioni<-pensiero<-opera e impatto del digitale

Sintesi della relazione tra FORMA, MATERIALI, FUNZIONI operative e metaforiche, INFORMAZIONE” della cosa

Forma d’arte e identità

CODICE SOFTWARE

Rappresentazioni e ESPOSIZIONE nel Sito

  1. Immagini e FOTO digitali

Una foto è l’immagine di un’IMMAGINE. È lo sguardo che informa di un complemento OGGETTO. Un qualcosa fuori di noi di cui siamo uno specchio. Essa serve – anche se lo dimentichiamo – per cercare o per affermare un significato della realtà, magari per raffigurare e comunicare con efficacia o meno un pensiero interpretativo della realtà stessa la cui incertezza rappresentativa è d’obbligo.

Quali figure, quali foto fanno vedere le idee, il senso delle opere materiali e immateriali, ad esempio il prodursi dei servizi? Un racconto, una scannerizzazione o uno screenshot dupplicano, falsificano o interpretano dei FATTI. Come visualizzare al meglio la realtà antropologica di un oggetto sia concreta e contingente (puntuale, unica e irripetibile) sia astratta e generale (concettuale, universale, eterna e mutevole)? Quale rapporto, quali relazioni si costituiscono tra l’oggetto, il fotografo, la foto più o meno “intelligentata” e l’osservatore?

Quali sensazioni e quali domande ingenerare con grafiche e figure digitali per convince a ri-vedere – il più vicino o, meglio, il più prossimo possibile – modi di pensare il mondo e il vivere, conseguenza e premessa all’agire e ai comportamenti umani?

10.1 Oggetti per interposti SGUARDI e FOTO

Il fotografare è copia meccanica di forme della realtà, di informazioni. Tecnologia aggiornata della produzione umana di immagini che implica il circoscrivere, il comprendere, l’acchiappare una cosa e, oggi, congelarla in pixel per rivederla con la sua ombra e rendere visibile l’invisibile. Anche per non dimenticare o non essere dimenticati e per imparare a guardare. Tenendo sempre conto che le foto non sono ricordi, ma i ricordi sono “foto” già catalogate nella mente utilizzabili e combinabili alla bisogna. Un modo per riproporre “ciò che è stato” (R. Barthes), il mondo e il sé che lo guarda con il suo modo di pensare su una superficie piana e bidimensionale in scuri e chiari, linee e macchie di colore, dati da interpretare.

Le foto, impronte variamente originate, sono mezzo e protesi del vedere, strumenti di conoscenza e di ricerca, cultura, economia, archivio e memoria. Esse sono la principale tecnologia di documentazione, comunicabile e condivisibile dell’oggi, della realtà tempo-spazio esemplarmente resa dalla foto di una galassia a miliardi di anni luce. Le foto sono figurazioni e la figurazione è alla base del nome e della rilevazione della forma degli oggetti sia che si vedono sia che si immaginano, della loro simulazione, contraffazione, interpretazione, conservazione, catalogazione. Memoria di conoscenze, di manipolazioni e di responsabilità.

10.2 Foto per vedere QUELLO CHE NON SI VEDE

Senza le tecniche fotografiche non sarebbero stati documentati e rappresentati, per esempio, i buchi neri, il movimento degli elettroni, i batteri, i virus, il DNA, le molecole, le proteine. Non sarebbe possibile cercare di capire, entrare nello smisuratamente grande e nell’enormemente piccolo. Avremmo meno consapevolezza degli effetti del tempo sul presente, dell’evoluzione biologica e culturale, delle contro-intuizioni.

Non sarebbero osservabili le fratture delle ossa, gli istanti di cui è fatto un movimento, le parti del cervello che si attivano durante l’ascolto della musica o alla vista di un incidente.

10.3 Oggetti quali MEDIA e LINGUAGGIO 

Gli oggetti, se non mortificati nell’oggettistica, diventano figure, media che comunicano rappresentazioni umane della realtà. Figure a loro volta raffigurate secondo un alfabeto e una grammatica visivi. Il linguaggio fotografico, anche quando si avvale di tecnicismi e automatismi tuttofare, è costituito principalmente da:

  • LUCE o ONDE VARIE, CONTRASTI, dati che sono all’origine della visione a colori o in bianco e nero dell’oggetto;
  • TEMPI di rilevazione dell’oggetto;
  • CENTRAMENTI (che cosa al centro?) e INQUADRATURE dell’oggetto, campi e controcampi (ciò che è escluso);
  • PROSSIMITÀ, VISTE e SIMMETRIE (distanza dall’oggetto, visione centrale o laterale, d’insieme o di dettaglio, micro o macro);
  • DIMENSIONAMENTI e PROPORZIONI (la scala);
  • MOMENTI e ATMOSFERE (giorno. notte, nebbia, ecc.);
  • MESSE A FUOCO, SFOCATO, MOSSO, FUSIONE di SCATTI;
  • POST PRODUZIONE, FOTORITOCCHI, SCREENSHOT, COPIE e FIGURAZIONI.

Questi elementi danno luogo ad un linguaggio visivo simbolico in grado di rilevare sguardi oggettivanti le cose. Immagini, INFORMAZIONI che fanno emergere una ricerca, un pensiero: l’OBIETTIVO di uno sguardo che sfuma ai margini, inquadrato nei limiti dell’OBIETTIVO fotografico che indaga, registra, accentua, manipola e trasforma la cosa in un nuovo messaggio.

Uno sguardo trovato, reiterato per conferma, proposto e capace di incontrare, recepire e trasmettere qualcosa  di esterno e di interno a sé.

Informazioni di un reperto, TESTO tempo-spazio con almeno un doppio CONTESTO, quello originale e quello del racconto, sono incarnate in un file modificabile e integrabile. Messaggi che si sovrappongono, che vanno ad alimentare altri possibili sguardi.

10.4 Ogni rappresentazione e fotografia di una cosa non sono la cosa, ma un suo USO

Lo sguardo sessuale spoglia i corpi, li vede anche nei paesaggi e con essi ci riempie il suo giardino psichico. Una foto sensuale sollecita il desiderio dell’oggetto, anche se questo non è sensuale. Un disegno industriale descrive la struttura di una cosa o, piuttosto, il suo funzionamento. Una Tac e una RMN, possono fornire l’immagine rispettivamente dell’anatomia e della fisiologia del cuore. Un gesso di Canova è l’idea di bellezza femminile al tempo dei Lumi. Le bottiglie di Giorgio MORANDI collocate prospetticamente nello spazio senza tempo sono il miraggio del significato delle cose.

Va sempre premesso che la cosa vista in foto, o immaginata come fotografia, non è la cosa (“Ceci n’est pas une pipe” dice René Magritte), ma uno sguardo che a volte vede solo il nero o il bianco (Kazimir Severinovič Malevič) o che rappresenta l’inconoscibile. La foto quale messaggio ha una relazione del tipo mappa-territorio con l’oggetto che dipende dalle regole che il fotografo si dà o tacitamente assume.

Un’immagine rispecchia di solito una cultura e la formazione alla libertà dell’autore caratterizzandosi per dichiarare più o meno esplicitamente la prospettiva, che cosa si vuol fare e quali informazioni dare con una foto. Un punto di vista e un uso che può essere:

  • documentaristico, storico, politico;
  • scientifico, clinico;
  • poetico, metaforico;
  • turistico;
  • industriale, propagandistico, pornografico, consumistico.

L’occhio fotografico si presta a vari usi contemporanei sopraindicati. Ad essere utilizzato per il controllo poliziesco, per la ricerca di indizi e di particolari, per costruire brand seducenti e prodotti voyeuristici eccitanti. Per raccontare con metafore visive esperienze, ambivalenze, intimità sfiorate, ipocrisie, vizi e virtù.

10.5 Modi di guardare o PROSPETTIVE degli oggetti

Le visuali da approfondire e da mettere insieme per raffigurare un’opera e la sua arte sono principalmente:

A – la vista strutturale materiale e immateriale, classificazione, evidenza di un tutto diverso dalla somma delle parti, caratteri genetici evocati dall’immagine della cosa (concetto o “Vision document” del Progetto);

B – la vista funzionale e comportamentale che descrive il legame fra forma e funzione, la FORMA dell’azione o delle azioni dell’oggetto (es. “Documento dei Casi d’uso”), ma anche dell’opposto e delle degenerazioni della stessa determinata da errori di progettazione e da inquinamenti che cambiano o condizionano l’obiettivo principale e gli usi soprattutto nel caso degli oggetti sociali (vedi ad esempio la Burocrazia);

C – la vista relazionale delle interazioni espresse dall’opera tra cultura e natura, con l’ambiente naturale e artificiale o di ECOSISTEMA, ma soprattutto della forma di relazione oggettuale dell’osservatore con la cosa;

D – la vista simbolica che coglie la FORZA della forma, la funzione-obiettivo, la poesia e il gratuito dell’oggetto, il gesto o il sogno, il messaggio trans generazionale. Il SEGNO che rinvia ad un archetipo, ad un concetto senza perdersi in allegorie astrali;

E – la vista evolutiva – la prospettiva temporale o storica – del significato assunto dall’oggetto negli anni, lo stile, le incrostazioni e le depurazioni del TEMPO, le continuità e le discontinuità interpretative, la simulazione nel presente del suo FUTURO.

Le prime tre prospettive descrivono e documentano modi di essere dell’opera, mentre le ultime due indagano l’eros, il dono, i miti e i riti, la forza generativa di idee da parte dell’artefatto e della sua immagine nel tempo. Altre VISTE possono aggiungersi e combinarsi, dar luogo a metafore, a VISIONI della realtà e di sé.

10.6 Fotografiamo il TEMPO delle cose e nostro

Il tempo è alla base del principio di realtà e del tutto in continuo cambiamento, ma anche dell’ADESSO che vale come eternità. Gli effetti sulle e delle cose nel futuro atteso e nel corso del tempo sono spie, oltre che della nostra esistenza, delle responsabilità nel rapporto tra cultura e natura.

Fare fotografie è fotografare il tempo vissuto. Il tempo dei luoghi, di sé e delle verità incontrate, delle stagioni della vita, degli usi e costumi, del lento scorrere del grande fiume. È produrre immagini costituite di passato e di futuro. Con esse sfidiamo la morte e, magari, il tempo chiamato denaro. Facciamo racconti di feste e di ordinaria amministrazione, di tramonti e di albe per immaginare un tempo ciclico del giornaliero ripetersi, del ritorno e del ricominciare. Un tempo oltre o senza tempo.

Il nostro cervello è l’organo di e del senso del tempo esistenziale, asse fondamentale della vita con un’unica direzione. Esso organizza il tempo fissando eventi e non eventi in un passato oggettivato per interposte immagini andando oltre il casuale e il grottesco dei singoli episodi grazie a memoria e oblio.

Le immagini, anche quelle cinematografiche, fermano irrealmente il movimento, non il tempo, fissano e simulano una realtà. Colgono tracce di passaggi e di andamenti. Fotogrammi al rallentatore come quelli dello scatto di una trappola per topi ne documentano la forma in funzione. Ma i segni dei tempi non si ritrovano nelle sequenze quanto nei sedimenti, nelle stratificazioni, nei palinsesti di scritture e riscritture sovrapposte di concetti e culture che figurazioni e racconti lasciano indovinare facendo anche intravedere possibili futuri.

10.7 La  PRESENZA e la DOCUMENTAZIONE delle cose e di sé

Prendersi il tempo è cogliere sia quello che toglie e quello che dà sia l’oltre-tempo o l’eternità dell’accadimento. È rilevare le origini, l’evoluzione, le incessanti trasformazioni del mondo e del nostro guardare ad esso, le incrostazioni e la polvere sulle cose rispetto a: quella”VOLTA”. È per rendersi conto di cosa rappresenti oggi quell’oggetto. Oltre le consuetudini mentali, le superstizioni e i dogmatismi.

Fotografare il tempo degli oggetti è registrarne la presenza, i segni del passato e del presente in divenire. È metterne a fuoco la storia, il cambiamento e il non cambiamento rispetto sia a loro stessi sia all’ambiente, o contesto in mutazione, sia anche al già creduto del fotografo o dell’osservatore. 

Il senso, le direzioni verso cui va un’opera – ne è un esempio aulico la Pietà Rondanini di Michelangelo con le foto delle sue diverse collocazioni storiche e della tensione che continua ad esprimere – sono captabili e intravedibili con metodi comparativi e storici. Con foto time-lapse e sintetici storytelling del carico di esperienza espresso dalla cosa. Poche immagini da correlare per rileggere le atmosfere, i momenti dello scorrere di un fiume.

La lezione delle immagini sul tempo o sulla trasformazione di oggetti e persone è sì di memoria e di decantazione storica, ma è soprattutto di documentazione, anche se spesso sfuocata, del passato nell’oggi. Essa aiuto a comprendere dove stiamo andando, la direzione della vita nell’unico verso che ha il tempo.

La visualizzazione con immagini dei dati e della storia dell’oggetto ne fanno il racconto di un CASO, di un’esperienza da rappresentare con SIMBOLI che rendono visibile lo specifico rinviando a costanti generali. Sintesi narrative e geroglifici comunicano i caratteri ritenuti essenziali e identificativi di testo e contesto dell’oggetto.

10.8 PENSARE per immagini prima e dopo i discorsi

Tra oggetto, immagine e osservatore (autore o visitatore) si formano rimandi dinamici di interazioni degli sguardi, terreno INTERDISCIPLINARE di svelamenti e forse di discernimento dei fini sia dell’oggetto sia dell’osservatore. Il senso del mondo e di sé ricercato e immaginato nelle cose.

Da archeologi antropologi delle cose, accontentiamoci di istantanee del REPERTO e del suo ambiente osservati clinicamente (esame obiettivo) per rilevarne grossolanamente il pensiero, oltre che le nostre sensazioni. Ritratti di momenti: della sua scoperta e di prove d’uso, fotocopie di tracce da selezionare e collegare per indagare e ipotizzare il senso dell’oggetto e del fare immagini proprio delle opere e dell’agire umano.

Le foto digitali fatte con un cellulare sono il modo più comune per documentare i nostri sguardi, di prendere appunti, di verbalizzare e scrivere il VEDERE e per ricordare oggetti rielaborando esperienze di ASCOLTO già fatte.

Immagini e discorsi sono linguaggi di un pensiero condizionato da una cultura e da una storia, quindi da ripulire del superfluo e delle menzogne, da enucleare rispetto a dualismi, ideologie e estetismi. Le figure nascondono le idee, rilevano di solito la forma con informazioni commerciali, esche volte a sollecitare reazioni immediate, attenzione o decisioni di “acquisto”. 

Realtà e sogni sono la sorgente dello scrivere il pensare con immagini e parole.  Fumetti? Alla visualizzazione del VERBALIZZATO,  frutto “dell’occhio della mente”, si procede di solito criticamente per analogie, deduzioni e disincanti, avvalendosi della dialettica. L’intuizione della bellezza o dell’insulsaggine di un concetto che una cosa esprime viene fuori dal lavoro, oltre che di astrazione, di liberazione del pensare.

Andiamo avanti con sequenze riflessive reiterate di: PERCEZIONI e ASCOLTI -> IMPRESSIONI -> VALUTAZIONI -> AZIONI (opere, artefatti) che sono rappresentazioni di pensieri.

Concretezza e simbolismo, verità e concetti vengono fuori da un processo conoscitivo soggettivo e dualistico per tesi e antitesi, di oggettivazione dubbiosa della realtà, di informazioni tratte da immagini o modi di guardare le cose, di arti e scienze insieme. La loro figurazione o scrittura le fissa, le rende pubbliche dando loro il potere invisibile dell’intellegibile, di una possibile bellezza.

10.9 Esplorare le cose con immagini e rappresentarne con rispetto le informazioni, le sensazioni e le EMOZIONI

Noi riconosciamo ciò che vediamo in base al già visto, al già vissuto, e lo interpretiamo secondo abitudini mentali, cavalli di Troia di ideologie e interessi. La possibile risposta al più volte richiamato problema del martellamento delle immagini, dell’ordinaria pornografia e depistaggio, del disancoraggio delle foto dal reale, è il filtro critico, la decodifica delle immagini, di oggetti che fanno parte della nostra “mente estesa“. Evitata la scissione – la dissociazione emotiva tra pensiero, immagine e realtà – la FIGURA di un oggetto viene fuori dalla consapevolezza dei condizionamenti dati dal linguaggio, dalla cultura che presupponiamo implicitamente e che viste diverse anche contrastanti e DOMANDE che nascono da analogie, informazioni “lampeggianti” nella nostra mente aiutano a denudare.

Le emozioni – MERAVIGLIA, DISAGIO, PAURA o SPERANZA, DESIDERIO – date dallo sguardo sono saggi suggerimenti al pensare, “suoni e profumi” non banalizzabili in emoticon sotto foto turistiche. Anche se non proviamo lo stesso identico stupore davanti al realismo della canestra di frutta di Caravaggio, basta soffermarci un po’ su di essa per coglierne il sentire e l’idea. Un senso del reale e dell’adesso in cui siamo immersi ravvivato da emozioni e da informazioni che aprono la mente al comprendere.

La scelta della raffigurazione di un oggetto – di un pensiero – dipende da sentimenti e risentimenti provati, dalle sensazioni e emozioni da suscitare e non suscitare in chi guarda la figura.

10.10 Figure NARRAZIONI-OGGETTO

Il metodo di comunicazione di un’opera con immagini procede secondo i seguenti passaggi fondamentali:

  1. identificazione, nome e CLASSIFICAZIONE dell’oggetto in quanto tale e in quanto idea rappresentabile (vista strutturale);
  2. descrizione della/e FUNZIONE/I della cosa, circoscrizione dell’indagine al concetto che colloca l’oggetto in relazione all’ambiente o ad un contesto (vista funzionale e vista relazionale) ;
  3. quadro informativo di DOCUMENTAZIONE essenziale (sintetica) rappresentativo dell’azione dell’oggetto (vista simbolica);
  4. scelta della SENSAZIONE da comunicare con una figurazione del TEMPO o degli EFFETTI dell’opera (vista evolutiva).

Le narrazioni visive e verbali delle relazioni tra forma, obiettivo/i, funzione e risultati delle opere sono frutto di esperienze insieme emotive e conoscitive, di ragionamenti alimentati dall’educazione alla ricerca, dall’igiene mentale, dai tentativi, spesso non riusciti, di disvelamento dei pregiudizi, dei miti e dei codici opachi.

Dall’oggetto, definito soggetto dal fotografo, si passa così alla sua “nominazione”, al suo ologrammae che diventa a sua volta un oggetto immagine con vita autonoma, un documento-sosia.

Una raffigurazione incarna a suo modo un fatto, un pensiero, una persona, il sé proiettato all’esterno fornendo informazioni, forma e sensazioni. L’oggetto referente dell’immagine passa in secondo ordine. La narrazione diventa l’oggettivazione del fatto con stili e interessi interpretativi più o meno espliciti. L’immagine riproduce o inventa il fatto stesso fissandone l’ombra da re-interpretare in un PROCESSO.

10.11 L’INTERPRETAZIONE è spiegazione di un concetto partendo dal suo racconto o immagine

Per la spiegazione di un oggetto, esperienza o evento che sia, di cosa voglia dire e di cosa sottenda l’immagine/racconto è dirimente la lettura storico-critica della narrazione che attiene in primis al RACCONTO stesso, alla sua forma e quindi al FATTO sotteso, a chi la racconta, al documento: testo, contesto o cultura di “IN QUEL TEMPO …”. L’effettiva esistenza dell’evento o la sua invenzione totale o parziale condiziona la possibile interpretazione distinguendo tra fatti, loro racconto più o meno poetico con rispettive spiegazioni.

Da spettatore di messe in scena a lettore silenzioso di realtà, l’esegesi – una volta smascherate suggestioni, invenzioni e manipolazioni – può essere a questo punto un esercizio di semplice lettura critico-storica o molto di più: la rivisitazione nel presente di fatti passati e una condivisione “intima” dell’accaduto. La comprensione di un modo altrui di agire che va oltre la barriera del racconto, apre ad una complicità, ad una RIVELAZIONE nel presente del vero. Un pensiero che dà senso e illumina la nostra personale RICERCA di senso. Una sequenza di informazioni, conoscenza, lettura critica, intuizione e incontro dell’evento che può animare una “vita activa“, fiducia o fede nella vita.

Fatti,  percorsi, forme, servizi sono concezioni, simboli e metafore che aprono spiragli, svelano dialettiche con la cultura del momento. Le narrazioni assumono varie forme, danno luogo a schemi interpretativi e diagrammi. Come gli oggetti materiali, essi sono sedimenti di storia, immagini da decifrare.

In generale ogni racconto, ogni immagine, dà il via ad un percorso di osservazioni e correlazioni generando cognizioni e intuizioni da proporre per condivisioni. È il caso per esempio dell’azione del setacciare di un setaccio che rinvia alla tramoggia o al selezionare le persone giuste nei posti giusti. Ma rinvia anche della parabola evangelica della pretesa di separare loglio dal grano. All’inestricabile mescolanza tra il bene e il male, tra semplicità e complessità.

10.12 CURATORI e EDITORI di immagini

A questo punto prevale sul fotografo, il selezionatore e l’organizzatore di foto e di ingrandimenti, l’interprete di segni: la figura del PHOTO-EDITOR di realtà in immagini. Un ruolo che in fondo, in un modo o nell’altro, esercitiamo tutti.

Ma qual è la realtà da considerare? Il racconto in sé, l’immagine dell’oggetto più o meno inventata, o qualcosa che si può intravedere attraverso di essa? Un titolo, il QR-code, un dettaglio svelano di solito la visione sottostante all’oggetto-immagine, gli interessi, l’allegoria, la luna indicata dal dito-foto del curatore, redattore e editore.

Le immagini, così come gli sguardi agli oggetti stessi, conservano comunque il potere di dire anche altro, sono ambivalenti. Vanno oltre, sfuggono sia all’autore che all’osservatore. Implicano, oltre il vedere, l’ascoltare il carattere enigmatico e gratuito dell’esistenza, l’essere arte semplice e povera.

In-formare e interpretare con la fotografia significa dare una forma visiva, figurativa o astratta, a realtà in movimento esterne e interne a chi osserva e che questi ferma con una visione il cui significato ultimo è una DOMANDA sul fine e la fine delle cose viste e di … chi le mostra. Di questo modo di assolutizzare l’istante e il limite delle cose sono esempi aulici, tra i tanti, le foto di Luigi Ghirri e i dipinti di Jan Vermeer.

Dati e immagini non sono neutrali, ma ridisegnano la realtà.

La fotografia è relazione, DIALOGO con il reale. È incontro e desiderio. Un desiderio di vedere da far vedere che poi diventa testimonianza e documento di una cultura, di un potere della tecnica, di una politica delle immagini e con le immagini, di ricerca della realtà che fa parte del sé.

10.13 Togliere i veli alla CULTURA, alla GESTIONE POLITICA di immagini e INFORMAZIONI

A fronte di una realtà – con o senza scatti fotografici e resoconti – ci sono sempre decisioni da prendere, comportamenti da assumere. Il modo di guardare ai fatti, di raccontarsela non è mai innocente, ma libero: è responsabilmente indifferente o meno alle porcherie, alle falsità, al potere.

C’è uno stretto collegamento tra la descrizione che ci facciamo del mondo, il cuore, la parola e l’agire. Ipotizziamo di avere informazioni corrette e sguardo sgombro, di fare con efficacia la cosa giusta. Decidiamo in base a quello che vediamo, conosciamo e sentiamo condizionati da ILLUSIONI e IPOCRISIE.

Una raffigurazione è in primo luogo un servizio a sé stessi. Per essere ecologicamente efficace richiede sincerità e onestà che dipendono:

  • dall’essere il racconto, l’immagine proposta, un medium senza trucchi, cioè un messaggio con informazioni verificabili rispetto all’oggetto descritto, soprattutto se immateriale; 
  • dalla cura con cui è rilevato l’incontro con la cosa da raccontare senza manipolazioni e con la consapevolezza di sé quale osservatore al servizio non di interessi ma degli altri possibili osservatori.

Per questo serve far emergere dall’oggetto-immagine gli indizi della sua cultura: il punto di vista e l’obiettivo. Questo magari marcando nell’immagine stessa con luci e schizzi (cerchi, linee e note) le presenze e le assenze, l’ambiente, le pubblicità, le tecniche utilizzate, gli archetipi e i possibili collegamenti con altri oggetti. Tracce e percorsi del sentire, quasi fosse l’oggetto a ritrarre il soggetto di cui viene ad essere parte e immagine.

Un dettaglio e una didascalia possono essere indispensabili per una contro visione. È nodale la dialettica tra sguardo e oggetto referente: “Che fai tu, luna, in ciel?“, il dimensionamento e la messa in scala dei fatti, la contrapposizione tra il dentro e il fuori della cosa, tra il presente e il passato. Serve comunque un pensiero che faccia uscire l’oggetto e la sua figura dall’anonimato, dalle mercanzie che di solito lo sommergono. Questo prendendosi anche il rischio della semplificazione, della retorica e dell’utopia, accettando l’enigma dell’interpretazione delle immagini, della loro polisemia.

Le immagini e le parole tradiscono e ingannano. Serve uno SGUARDO-OLTRE le apparenze, un’ecografia del cuore delle cose, del gratuito, dell’esperienza artistica. Esso viene fuori dal cogliere e rappresentare senza narcisismi e estetizzazioni – evitando il sofisticato e l’artificioso, l’opportunistico e l’ideologico – la direzione politica dei discorsi, del fare immagini degli umani. A volte esitando sulla soglia del raccontare o del fotografare così come dell’interpretare un’immagine, toccando con la mano la figura per lasciare spazio alle DOMANDE intime.

EPILOGO      P R O G E T T A R E  (immaginare)

  1. A che cosa e a chi serve l’infoGRANAIO

11.1 Un sito e un laboratorio incubatori di ascolti e di ricerche

La fotografia consiste anche nel trovar cose. L’infoGRANAIO ne è un archivio on-line e fisico. Un contenitore di linguaggi esemplificativi del FARE IMMAGINE degli umani origine e fonte dell’arte.

Ci sono casi materiali e immateriali di arti applicate e di belle arti: illustrazioni, utensili, un antico granaio-installazione con TORRE colombara nell’orizzonte della Grande Pianura che collega il locale al globale, riti e miti. Non un museo etnografico, ma un osservatorio con campionario di cose espressioni di arte della cura e laboratorio informativo contadino, artigianale e poetico/musicale. Uno spazio virtuale e fisico per l’ecografia e il design di oggetti culturali e, magari, per un assaggio di lambrusco-ancellotta genuino rifermentato in bottiglia. 

 11.2 Riferimenti per tenere la direzione della DOMANDA 

Citazioni, figure e oggetti-ricordo fisici e astratti caratterizzano o infestano, oltre che le nostre case, le nostre menti, testimoniano la tendenza alla conservazione, il nostro attaccamento alle cose che durano imperturbabili più di noi. Raffigurarle e concettualizzarle significa affrancarci, sentirsi liberi o almeno sublimarne il desiderio di possesso. Guardare i paesaggi, i servizi oltre ai beni, apprezzare i gesti ordinari, collocarli nel corso del tempo e confrontarli equivale a chiedersi che cosa sia un oggetto d’arte, che cosa siano in generale gli oggetti e quali valga alla fine veramente la pena coltivare.

Il “business” dellinfoGRANAIO non è quindi il commercio di cose, ma la raccolta, selezione e condivisione di esperienze sotto forma di informazioni presenti nelle opere utili per formarsi un pensiero sul senso dell’arte e per fare progetti.

  1. ARTE con CURA: un metodo per vedere e fare le cose

12.1 Cento oggetti che parlano di arte della cura

Il progetto infoGRANAIO rispecchia curiosità e passione archeologiche cariche di anni per le culture sottostanti le cose prodotte dagli umani. Esso raccoglie e indaga testimonianze del filo vitale che collega: INFORMAZIONI, ARTE, CURA, AMBIENTE, FIGURAZIONI e POLITICA nel vivere quotidiano.

Nel sito sono selezionati e catalogati non più di un centinaio di oggetti culturali è inutile fare con più ciò che si può fare con meno – parimenti distribuiti tra immateriali e materiali, sottoposti a ostinati confronti e revisioni diretti a cercare di coglierne il gratuito artististico e la cura del fine.

L’inserimento di una nuova opera, della sua storia e del suo esistere in foto, comporta di regola l’accantonamento di un’altra già presente. Essa è spesso accompagnata da foto di opere con analogia e varianti della stessa. Ogni oggetto diventa un argomento da indagare per assonanze e metamorfosi dei fini. Inoltre può essere approfondito con espliciti link e rimandi a news e a progetti.

I reperti presenti nel Sito documentano il riferirsi descrittivo e prescrittivo delle culture al modo di guardare degli umani alla realtà e alle sue leggi. Essi costituiscono anche un piccolo osservatorio di come il digitale ha cambiato e cambia la società, l’uso delle informazioni, il percepire il mondo e l’agire.

12.2 L’Ecosistema Finanziario Digitale in cui navighiamo

L’evoluzione, le interazioni e gli accidentati equilibri tra cultura e natura si riflettono negli oggetti e sul loro uso. Oggetti per definizione artificiali, cioè fatti con arte, da considerare nel nuovo contesto del cervello umano alle prese con l’ecosistema digitale e finanziario.

La NATURA o la biologia – oggi definita come ciò che spontaneamente proviene da madre terra, malattie, parassiti e morte compresi – è pazzescamente complessa, bella e terribilmente insensibile al disagio esistenziale degli umani. Sulla terra ogni essere è, in generale, fatto dal proprio ambiente, agisce e modifica l’ambiente definendo la sua realtà di riferimento.

La CULTURA agente e agita, il vissuto di ognuno del mondo, è fatta di consuetudini, credenze, arti e scienza considerate o meno con tecno-ottimismo. Essa dà luogo a opere dipendenti da qualche business, è di per sé conoscenza data per scontata, indifferente alle urgenze di contrastare le sopraffazioni che mettono in discussione la sopravvivenza di vari abitanti della terra compresi noi stessi. La finanza e la tecnica, cioè i mezzi senza i fini, assegnano, oltre che ai beni, anche ai servizi – alle relazioni tra le persone – uno statuto di merce per cui tutto è considerato in vendita, idoneo per affari e potere di oligarchi e autocrati. Il senso della politica quale “affare” di tutti, la priorità da attribuire al rispetto dell’altro e a “vertute e conoscenza” sono ragionamenti per sognatori creduloni. Il caso della deriva della medicina quale Servizio pubblico, nonostante sempre nuove e migliori tecniche a disposizione, è emblematico della mercificazione di beni comuni fondamentali quali salute e istruzione.

12.3 Conclusioni: l‘arte e la vita 

A quali decisioni sociali e ambientali porta l’ordine digitale con tutte le sue informazioni, con sintesi e valutazioni in base ad un mercato definito economico, ma che è politico? La cultura come arte collettiva da rinnovare è sparita dalla nostra vista.

C’è più che mai bisogno di arte diffusa e sincera, di un fare volto a tenere insieme senza violenze natura e cultura.

In fondo vorremmo essere e ci sentiamo tutti un po’ artisti e l’arte o mestiere di vivere – ovvero dell’equilibrio tra il dentro e il fuori – è la più importante e difficile. Arte di cose fatta di dettagli, imperfezioni e innovazioni. Incontri che documentano la nostra vita e danno FORMA al nostro esserci come pensiero e azione. Per sentirsi vivere con arte serve aver cura di uno sguardo libero da pregiudizi, retoriche e indifferenza turistica. Un modo di cercare la verità di ogni cosa, di non limitarsi a far fare un giro al cane, di vedere oltre l’angusto e troppo potente universo degli strumenti che “non si sa bene a che servano veramente”. 

L’arte è esperienza del sentire e dell’immaginare. Ci vuole arte della cura per non prendersi e non prendere la vita e le cose troppo o poco sul serio.

Modalità d’uso del SITO infoGRANAIO contenitore di informazioni su ARTE e CURA

    • 1. VISITARE le COSE  (OGGETTI culturali IMMATERIALI e MATERIALI), COLLEZIONARE quelle che interessano (AGGIUNGI AL CARRELLO)

    • 2. DISCUTERE e APPROFONDIRE visioni o concetti (COMMENTI alle NEWS)

    • 3. VALUTARE le evidenze negli oggetti dell’ARTE della CURA (*****RECENSIONI) 

    • 4. SCRIVERE NEWS, fare INTERPRETAZIONI GRAFICHE degli oggetti, INTEGRARE e/o  MODIFICARE le Schede Catalogo, INSERIRE NUOVI oggetti  

    • 5. COMUNICARE l’eventuale utilizzo di dati, richiedere INFORMAZIONI o servizi

GIRO di PROVA (di seguito una SEQUENZA di OGGETTI dal fisico all’astratto o metafisico):   SETACCIO – PLANIMETRIAPERCORSO quale SERVIZIO

 GLOSSARIO: le parole dell’infoGRANAIO

ARTE della CURA: Arte è FARE, rappresentazione, metafore e associazioni operative di immaginazioni. L’Arte della cura significa perseguimento degli OBIETTIVI, EFFICACIA nelle cose, cura del PENSARE. FARE di artigiani/artisti diretto a esprimere una funzione e una visione del mondo. L’arte della cura non è cura con l’arte né arte del bello in quanto tale, ma lavoro ben fatto e non automatico, riconoscibile non solo nei cosiddetti oggetti d’arte ma anche nei servizi e in oggetti quotidiani. La medicina, se basata su evidenze delle prove di efficacia e esperienze di relazione, è una forma di arte della cura. E lo sono così anche la didattica, l’agricoltura, l’architettura e tutte le discipline che si occupano di fare cose senza rinunciare alla qualità e ai sogni.

CODICE O LINGUAGGIO SOFTWARE: Scrittura del funzionamento, istruzione, esecuzione delle cose e interfaccia utenti. È l’insieme dei sw che determinano l’esistenza di un’opera e come ciascun oggetto è identificato e agisce nel mondo.

“Il codice è una strumentalità realizzata che non serve principalmente a registrare, archiviare, ricordare come avviene per altri tipi di scrittura quali letteratura, televisione, cinema. Non è pensata al passato, ma è proiettata sul produrre eventi in prospettiva futura. È una forma di scrittura materiale del mondo: dal suo svolgersi, letteralmente ma anche concretamente, il mondo emerge” (C. Accoto. “Il mondo dato”)

COSA o OPERA o OGGETTO: Qualsiasi entità materiale o mentale, pensiero esplicitato, progetto, artefatto umano anche virtuale, forma reificata di relazioni sociali. In senso pratico è espressione della tecnica, in senso figurato e in filosofia è una conoscenza o verità: la “cosa in sé” relativa al fenomeno, a “ciò che appare”, ed al noumeno, “ciò che è pensato”.

CURA: non è qui intesa come PRENDERSI CURA e come AVERE CURA (“Sorge” in Heidegger), ma come FARE e OPERARE con cura (= efficacia), cura che trova espressione e oggettivazione nelle opere umane. 

DATO e IN-FORMAZIONE: Attributo grezzo della cosa e attributo con significato della cosa. “L’informazione è l’insieme di dati, correlati tra loro, con cui un’idea (o un fatto) prende forma ed è comunicata.” (Wiki)

DIGITALE: Rappresentazione numerica del dato e dell’informazione. Si contrappone a analogico. La tecnologia digitale o informatica, di cui internet è il cuore, permette di relazionare i dati, di elaborare e produrre nuove informazioni, di pensare in digitale le cose.

DOCUMENTO: Oggetto in cui sono registrate delle informazioni che acquistano rilevanza per gli umani. Può essere sia materiale che digitale.

ESPERIENZA ARTISTICA: Insieme di inviti e di accettazioni, di impressioni, emozioni, conoscenze e re-azioni creative da incontro, da apprendimento mediato con e da opere. Nel linguaggio scientifico è l’esperimento, la prova che dà evidenze. Nel linguaggio artistico è un’emozione e un conoscere che sa generare poesia. Essa dimostra che l’arte è propria di tutti i mestieri e che non esiste il professionista dell’arte o artista.

ECO-FIGURAZIONE: Immagine dell’oggetto (opera, fatto, azione, manufatto, progetto), non inquinata da narcisismi estetizzanti, diretta a rappresentarlo concettualmente nelle sue linee-forza identificative del senso-direzione storico politico dell’oggetto nel corso del tempo. Questo è interpretato scegliendo tra foto da prospettive diverse espresse con una semantica (rapporto tra linguagg.io fotografico e realtà), una sintassi e una morfologia (relazione tra elementi delle foto) in grado di far cogliere il fine e/o i fini perseguiti di fatto con gli usi.

FORMA: Fattezza della cosa sfrondata dalle apparenze sottraendo il superfluo e mirando ad una visione della cosiddetta struttura funzionale dell’oggetto.

OGGETTI IMMATERIALI: Sono considerate e classificate come IMMATERIALI le opere (disegni, musiche, poesie, progetti, servizi, politiche, percorsi, ecc.) espresse in documenti complessivamente digitalizzabili il cui supporto fisico e modo di percezione non ne condizionano il godimento, l’uso o l’esecuzione. Cose costituite da un insieme di informazioni, “discorsi” la cui raffigurazione può variare e trovarsi anche negli oggetti materiali. Essi sono una novità nell’ambito delle collezioni di oggetti più o meno artistici e sono il principale interesse dell’infoGRANAIO.

OGGETTI MATERIALI: Sono considerate classificate come MATERIALI le opere (arnesi, veicoli, arredi, ausili, ecc.) non completamente usufruibili come documento digitalizzabile di un insieme di informazioni. La loro fisicità è comunque rappresentabile e fotografabile, è fonte di dati e di concetti.

PROGETTO: Oggetto frutto dell’azione di gettare (jacere) avanti (pro) dando concretezza temporale ad un pensiero. 

@@@@@@@@  BIBLIOGRAFIA di MINIMA  @@@@@@@@

  • C. Accoto – Il mondo dato (Egea, 2017)
  • L. Floridi – Pensare l’infosfera (Raffaello Cortina Editore, 2020)
  • È. Gilson – Introduzione alle arti del bello (Morcelliana, 2020)
  • N. MacGregor – La storia del mondo in 100 oggetti (Adelphi 2023)
  • G. Morandi – I quadri
  • B. Munari – Da cosa nasce cosa (Laterza, 1981)
  • Musée du quai Branly – Exposition 2010 “LA FABRIQUE DES IMAGES”
  • F. Scianna – Le cose (Ed. Contrasto, 2018)
  • H. Simon – The Science of the Artificial (1969)

S C H E D A  C A T A L O G O delle C O S E dell’infoGRANAIO

(Per ciascun oggetto/artefatto presente nell’infoGRANAIO è redatta una Scheda che, partendo dall’immagine, rileva classificazione, caratteristiche d’uso, progetto concettuale, ecc.)

  1. FOTO/FIGURA/VIDEO/SUONO (immagine principale e immagini aggiuntive, formato jpg, mp4, mp3)
  2. NOME generico o di famiglia dell’oggetto
  3. NOME specifico e breve descrizione dell’oggetto
  4. CLASSIFICAZIONE per: AREE (immateriali + materiali); SEZIONI (3+2); CLASSI (6+9); CATEGORIE (12+13) (Tabella)
  5. Livello di ARTE e CURA (= efficacia) quale agentività con cui la COSA può assolvere alla sua funzione. OBIETTIVI, CONCETTI fenomenologicamente emergenti, anche contradditoriamente, nell’uso dell’oggetto (v. J e K): 5 = EMBLEMATICO del FARE con ARTE della CURA; 4 = ALTO (utilità lampante e/o espressione simbolica di una visione del vivere); 3 = MEDIO (evidenze di funzionalità complessiva o dettagli illuminanti); 2 = BASSO (utilità possibile, ma da indagare); 1 = MINIMO (valore documentale con evidenze storiche di efficacia o di non efficacia); 0 = NULLO o quasi (oggetto senza evidenze di cura o di efficacia)
  6. MATERIALE di cui è fatta la cosa (supporto): NS (Non Significativo, oggetto usufruibile come documento digitalizzato). ACCIAIO. ALLUMINIO. CERAMICA. FERRO SMALTATO. LEGNO. MARMO. OTTONE o Altro Metallo. PLASTICA. VETRO. Vv/Altro (vari materiali insieme o altro)
  7. TERRITORIO di origine (Comune o Provincia o Regione o Nazione, Nota di precisazione)
  8. ANNO DI ORIGINE e Epoca/Stile (Anno, Periodo, Nota di precisazione eventuale corrente artistica)
  9. FUNZIONE PRINCIPALE o prevalente svolta e ALTRE FUNZIONI effettivamente svolte e/o svolgibili (verbo/i da elenco o da inserire, il primo è la funzione principale, proxy del concetto di obiettivi d’uso)
  10. FOCUS IMMAGINE (concetto visivo antropologico-culturale, descrizione del funzionamento dell’oggetto e valutazione dell’operatività rispetto alla/e funzione/i). Collocazione dell’Oggetto tra TRADIZIONE °°°°° (max) e INNOVAZIONE •••••(max), valutazione del livello della FUNZIONALITÀ OPERATIVA >>>>>(max) e della IN-SOSTENIBILITÀ ambientale ♣♣♣♣♣(max)
  11. ESPERIENZE di EFFICACIA (fatti e concetti generati, errori e successi, messaggi ed emozioni provocate, obiettivi/risultati d’uso, senso finale)
  12. STATO di aggiornamento/conservazione: Non Significativo; Aggiornato o ben conservato; Da aggiornare/revisionare o restaurare
  13. Dati tecnici e CONSIDERAZIONI (storia culturale dell’oggetto)

  14. FUNZIONAMENTO – CODICE SOFTWARE della cosa (CODICE O LINGUAGGIO SOFTWARE: forma di scrittura del funzionamento, istruzione e esecuzione, della cosa, modo in cui l’oggetto è identificato e come agisce nel mondo)
  15. BIBLIOGRAFIA, storia dell’oggetto, repertorio di oggetti analoghi, IOT, ecc (descrizioni)
  16. COLLOCAZIONE e Referente (T abella e Nota )
  17. PROPENSIONE : Dati catalogo Disponibili previa citazione Fonte infoGRANAIO; Oggetto Scambiabile ; Dati da verificare / Non disponibile
  18. VARIANTI, oggetto di riferimento e oggetti ad esso afferenti o con analogie o richiami ( immagine, valore, descrizione ). Il valore dell’oggetto di riferimento è 2, mentre quello di sue versioni evolutive precedenti o successive è 1 o 3. Oggetti analoghi o concettualmente richiamabili assumono i valori 4, 5, 6, …
  19. NR Inventario e codice QR ( dato generato in automatico con l’inserimento della Scheda Catalogo)